martedì 4 dicembre 2012

L'Argentina è fottuta...?


Sta forse per fallire di nuovo? forse no. Non è per questo che abbiamo titolato così drasticamente il post. Ma perché in Argentina sono stati presi provvedimenti che rinnegano l'ideologia globale neoliberista statunitense ed euro-austerica. L'Argentina si sta ponendo in contrasto con i veri poteri forti mondiali. Temo che le faranno fare una brutta fine, cercando di isolarla e di farla fallire:

"Da qualche giorno circola in rete (e sulla stampa mainstream) una enorme eccitazione sull’Argentina e sul suo immediato destino economico. Andrà in default di nuovo? E’ vero che sta per saltare il sistema? Tutta questa improvvisa fibrillazione è relativa a un debito del governo argentino che si riferisce a eventi avvenuti nel 2003 dovuti alla denuncia di un fondo d’investimenti che non ha riconosciuto le modalità di restituzione argentine. 
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Ma perché in Italia se la prendono tanto per un debito (minimo, davvero minimo, di cifra irrilevante) acceso da un lontano paese sudamericano, circa dieci anni fa? Una nazione che non fa parte dell’euro, i cui problemi non possono avere nessun impatto né tecnico né economico con la nostra situazione? A questo bisogna aggiungere l’enorme diffusione in Italia, sia sulla stampa ufficiale di regime che sui siti on line, delle notizie sulle manifestazioni popolari contro il governo in carica, descrivendo l’Argentina come un paese che sta di nuovo sull’orlo del collasso economico..
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E’ il risultato di questa bulimìa ossessiva, fortemente voluta dagli oligarchi bocconiani, nell’imporre alla gente l’obbligo di parlare continuamente e costantemente di economia e di monete e di teorie, cercando di sottrarre il dibattito (riuscendoci in pieno) alla Politica, al confronto/scontro tra due interpretazioni del mondo, del mercato, dell’economia e della società che sono opposte e antagoniste. In Argentina è accaduto
qualcosa negli ultimi giorni. Sì, è vero. Ma non ha nulla a che vedere con ciò di cui tutti parlano. Sì, laggiù, qualcosa è accaduto. E anche di molto grosso. E sta accadendo proprio in queste ore. Ma non riguarda quel debituccio, non riguarda i soldi nudi e crudi, non riguarda provvedimenti di ragioneria economica e di contabilità fiscale.

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Di che si tratta, quindi?

Si tratta dell’approvazione di una Legge dello stato che il senato della repubblica argentina ha votato in maggioranza (voto trasversale) in data 28 novembre 2012 con 43 voti a favore e 19 contrari, diventando “immediatamente operativa con applicazione retroattiva al 1 settembre”. Hanno tecnicamente 30 giorni per renderla applicabile. E la Legge parla molto chiaro: definisce “illegale e immorale” qualunque forma di speculazione finanziaria sui mercati internazionali basata sui derivati; abolisce la possibilità tecnica delle speculazioni finanziarie in borsa perché sottrae a tutte le banche, a tutte le istituzioni finanziarie operanti nel territorio nazionale, la propria autonomia sul mercato. Dal 30 novembre del 2012, il parlamento e il governo argentino si riappropriano della propria economia che individua “legalmente” nella finanza “il braccio operativo dell’economia di cui deve essere subalterna” e impone alla finanza di essere sottoposta al totale controllo dello stato centrale in ogni sua attività. 
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Da oggi lo Stato si fa garante presso i cittadini, di cautelare i risparmi personali ma si fa soprattutto garante del fatto che le imprese, le società, le industrie, le finanziarie internazionali operanti in Argentina intervengano in borsa e sui mercati dei capitali “con l’unico ed esclusivo intento di trarre profitto da un’attività che però deve avere immediatamente, come riflesso economico, l’apertura di crediti agevolati alle medie e piccole imprese, l’allargamento degli investimenti in industrie nazionali e l’assunzione di nuovo personale per andare all’attacco della disoccupazione giovanile che il governo considera la priorità assoluta in campo politico, economico, sociale”.
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Per la prima volta in questo nuovo millennio, una nazione capitalista occidentale si assume la responsabilità politica (fotografate per bene questa parola) di imbavagliare la finanza, di metterle le briglia sul collo e di fondare il principio, basato sull’applicazione dello Stato di Diritto, che identifica nello stato centrale, nel governo e nel parlamento, l’arbitro e il garante dell’economia; il vero padrone della finanza non è più il “mercato libero” (l’idea di Zingales, Giannino, Monti, Passera, Draghi, ecc.) bensì il governatore della banca centrale insieme al ministro dell’economia, dell’industria e dello sviluppo. “O la finanza capisce che i soldi servono per sviluppare l’economia allargando il mercato del lavoro, gli investimenti, dando credito alle imprese a interesse minimo e abbattendo la disoccupazione, oppure possono anche andare a investire in Europa, in Italia e in Spagna, se è questo che vogliono. Là li accoglieranno a braccia aperte”. Così ha dichiarato la presidente Kirchner, nel commentare la più grande vittoria politica ottenuta da un governo sudamericano nel combattere il neo-colonialismo dei colossi della finanza al servizio dell’oligarchia planetaria del privilegio. Chi vuole investire nella finanza speculativa lo fa attraverso “banche speciali” che dovranno esporre un avvertimento alla clientela, nel quale si specifica che non esiste nessuna garanzia internazionale su quell’investimento. Le banche correnti devono occuparsi di investire i soldi dei correntisti nell’economia reale, quella delle merci, e non quella della carta straccia; lo Stato garantisce ogni tipo di risparmio e ogni forma di investimento, purchè si riferisca all’economia reale.

La borsa di Buenos Aires (e questa è un’altra bella notizia) ha reagito molto bene; anche quella brasiliana (che si appresta in brevissimo tempo a varare identica legge) grazie alla quale vengono aboliti i principi basilari dell’idea liberista che sta strozzando il pianeta, ovverossia l’egemonia della finanza sul mercato. 

Di tutto ciò, in Italia non si è parlato. 

Ma non basta, c’è dell’altro. 

Ieri, 30 novembre, per tutta la giornata, in Argentina si sono svolti convegni, manifestazioni e discussioni relativi a un’altra legge che va alla votazione alla fine della prossima settimana e che riguarda il secondo pilastro della democrazia e della ripresa economica: la legge sul conflitto di interesse e una nuova legiferazione nel campo della libertà di stampa, dell’informazione e delle comunicazioni. Verranno prese misure specifiche per impedire che possano essere eletti in parlamento soggetti politici legati al mondo dell’informazione, e soprattutto viene impedito a società finanziarie, banche d’affari private e grossi colossi finanziari internazionali di poter aggirare l’ostacolo diventando editori. Chi si occupa di informazione lo fa costituendosi come “editore puro” attraverso il rischio di una impresa privata. Il tutto per impedire che la finanza, in maniera subdola (come avviene in Italia ad es.) usi il proprio gigantesco potere per esercitare pressioni sull’opinione pubblica al fine di salvaguardare interessi finanziari e non il diritto alla libertà dell’informazione. 

Anche su questo punto, nessuna notizia in merito. 

Sono entrambi due pericolosissimi precedenti. 

E’ la dimostrazione che esistono strade diverse percorribili, opposte a quelle volute dalla BCE e dal governo italiano, dal PD dal PDL dall’Udc."

A questo punto mi sovviene un dubbio: siamo fottuti noi, nella "tomba dell'euro e dell'austerità" o l'Argentina e altri paesi sudamericani che si stanno rivoltando alla supremazia della finanza anglosassone?

Cosa potrà succedere all'Argentina che rifiuta di dare credito alla carta straccia della finanza derivata? Verranno abbandonati anche gli investimenti nell'economia reale, facendo fallire questa assieme allo Stato?

"L’Argentina, nonostante l’enormità delle sue ricchezze, è un bancarottiere seriale che spenna sistematicamente i suoi creditori e,nonostante questo, diventa in termini relativi sempre più povero. In Italia qualcuno ha voluto guardare alla breve ripresa dopo il default del 2001 (trainata dal rialzo della soia e del petrolio) e ne ha ricavato la brillante idea che il default è un grande affare. In realtà è quasi sempre vero il contrario. I paesi abituati al default (si veda anche la Giamaica, per restare nell’area) perdono l’incentivo ad affrontare i loro problemi strutturali e tendono anzi ad aggravarli progressivamente.

È bastata una modesta correzione del corso delle materie prime per riportare l’Argentina nell’instabilità sociale e politica, nella stagnazione e nell’inflazione. Attenzione, però. Il possibile default sui bond esteri, nelle prossime settimane, non sarà, per una volta, dovuto alla non capacità o volontà di pagare, ma a una sentenza di un tribunale americano che obbliga l’Argentina a rimborsare anche i creditori che non hanno aderito alle due ristrutturazioni del 2005 e del 2010."

Per quanto sposi apertamente le tesi del default argentino, l'articolo sopra stralciato da www.wallstreetitalia.com conclude che:

"Per quanto in veloce deterioramento, la posizione finanziaria dell’Argentina non è ancora compromessa. Il debito pubblico interno è pari al 22 per cento del Pil, quello verso l’estero è del 18 (del 34 se si include quello delle banche). Le partite correnti sono in pareggio. La Kirchner non sembra volere sfruttare l’occasione per un nuovo default generalizzato, e le cedole di dicembre verranno probabilmente pagate."

Quindi non è vero che l'Argentina sia sull'orlo del baratro come affermano le grandi firme del giornalismo economico nostrano. Il problema dell'Argentina verso i creditori non è economico, ma politico.
E comunque malgrado le recenti leggi anti-finanza, probabilmente l'Argentina non verrà abbandonata dagli investitori, perché questi non si muovono come un sol uomo. Fra investitori e speculatori internazionali ci sono quelli interessati alle bische legali delle borse, alle scommesse sui derivati a leva, ma ci sono anche coloro che sono interessati a rendite più ancorate all'economia reale.

L'Argentina potrebbe diventare allora l'avanguardia di un movimento internazionale, che riporti l'interesse degli investitori dalle rendite virtuali, dai video game finanziari, agli investimenti reali nell'industria, commercio, sfruttamento del suolo ecc.

La speranza è che finalmente anche in Europa partiti di destra e sinistra si sveglino dall'abbaglio neoliberista, e comprendano che lo Stato deve tornare a guidare l'economia e non viceversa. Forse qualcuno obietterà che si tratta di politiche populiste sudamericane, ma probabilmente e più concretamente, il ciclo ideologico del libero mercato che risolve tutto, se non cancellato va corretto velocemente.

Lasciare i mercati a briglia sciolta si è visto che non è un affare. La crisi del 2008 dei mutui subprime dovrebbe insegnare (vedi: La crisi finanziaria spiegata ai bambini). Anche trasformare le nazioni da attori economici a utenti della finanza perennemente indebitati, come sta avvenendo in Europa, non è una soluzione ottimale. Non lo è ne per gli Stati che rischiano il fallimento e sollevazioni sociali, ne per il mercato stesso che perde il substrato su cui fiorisce. Il mercato è fatto da cittadini le cui libertà e la cui sicurezza sociale è in qualche modo tutelata. Se scompare il welfare, cioè il sostegno ai più deboli, al suo posto arriva l'anarchia, la povertà, l'economia di sussistenza.

Pertanto, tifiamo per l'Argentina e sosteniamo la sua lotta alla finanza internazionale, almeno fino ai mondiali di Brasile 2014.


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