sabato 12 gennaio 2013

Gustavo Piga: Imparare dal Giappone.

gustavo_piga
220% di debito su PIL. Non un gran biglietto da visita. Il Giappone.
Che si avventura nella fantascienza pura.
Tokyo, ieri sera. Sono davanti alla tv. E ascolto l’annuncio del nuovo primo ministro giapponese. Aumentare la spesa pubblica con progetti infrastrutturali. Di quanto?
Un PIL di 490000 miliardi di yen. Una manovra di 10300 miliardi di spesa pubblica in più, circa il 2% di PIL di spesa in più. Annunciata dal nuovo leader, Abe, che dichiara che il PIL aumenterà del 2% creando 600.000 posti di lavoro in più. Anche ABE ascolta dunque il Fondo Monetario Internazionale e crede che il moltiplicatore della spesa è pari ad almeno 1.

Li userà, i denari che otterrà dai mercati, per ricostruire l’area distrutta da terremoto e tsunami, migliorare la capacità anti-sismica dell’infrastruttura del Paese, rivitalizzare le regioni giapponesi, l’istruzione e la sanità.
Ad esso il Governo accompagnerà nientepopodimenoche … l’immissione di yen in cambio di bond europei emessi dallo EMS per deprezzare la propria valuta ed aiutare l’export giapponese. Lo yen si è deprezzato immediatamente con la notizia, ai livelli più bassi dal giugno 2010.
E il mercato? Come avrà reagito il mercato alla terribile notizia che il debitore pubblico più grande del mondo continua a spendere?
Bene. Il mercato vuole crescita. Quella che non si ha in Europa, dove anche l’americano Martin Feldstein, professore ad Harvard e nemico acerrimo da sempre dell’euro, si chiede perplesso come mai i Paesi euro non pensino nemmeno un poco ad organizzarsi per una battaglia volta ad analogamente cercare di deprezzare la loro valuta comune. Chissà.
Ma traduciamo l’articolo del Financial Times per quel che riguarda la reazione dei mercati finanziari, credo sia utile:
“E’ una notizia importante, in termini di ottimismo (sentiment)” afferma  Kazuhiko Ogata, capo economista al Crédit Agricole di Tokyo, “l’impatto che avrà sulla fiducia (confidence) è enorme.”
Che strano. Pensavamo che i mercati quando il debito su PIL è alto e si annuncia più spesa per investimenti entrassero in una crisi di panico. Che non sia così? ;-)
Tuttavia, Ogata ha messo in guardia : i benefici dei programmi di lavori pubblici saranno ritardati a causa degli enormi lavori di costruzione già avviati nella regione di Tohoku, e dalla mancanza di operai edili. Conseguentemente l’affermazione del Governo che il pacchetto fiscale aumenterà il PIL del 2% è dubbiosa, ha aggiunto. “Ci aspettiamo che un terzo del programma di lavori pubblici sarà attuato nel 2013, il che significa che il PIL salirà dello 0,4-0,5%, compreso l’effetto moltiplicatore”, ha detto Ogata.
Notate bene: non è che si dubita che il moltiplicatore della spesa, cioè gli effetti benefici di maggiore spesa pubblica in tempi di crisi, non esistano. E’ solo che l’economia giapponese è vicina a capacità produttiva (cosa che certamente l’Italia col suo tasso si disoccupazione non è) e quindi che la manovra auspicata dai mercati avverrà più lentamente di quanto auspicato. Auspicata, la manovra, perché genera crescita che genera risorse per ripagare il debito.
E che quindi non spaventa troppo i mercati nemmeno quando il governo vi metterà più pressione per trovare i necessari finanziamenti:
“I bond sono rimasti stabili, con il benchmark a 10 anni del governo giapponese al tasso dello 0,83%, e qualche vendita dei titoli a più lunga durata, che segnala timori di addizionali emissioni”.
Che succederà al Giappone? Crescerà veramente? Lo sapremo solo a conti fatti. Non guardando ai suoi livelli di crescita effettivi nel futuro perché questi potrebbero essere bassi (ma meno bassi di quanto sarebbero stati senza intervento statale), ma con analisi econometriche rigorose.
Potrebbe essere benissimo che questo intervento si riveli un fallimento: specie se questi soldi saranno buttati via in sprechi e corruzione e dunque non in generazione di PIL. Opzione che per ora i mercati non si sentono di sottoscrivere.
Comunque sia, questo politico, Abe, ci ha provato, rischia. Non ha avuto il braccino del tennista dei nostri terrorizzati “leader” europei.

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