domenica 28 luglio 2013

Le pillole rosse - 5° pillola: Biondi, alti e produttivi

Una delle armi più forti di Matrix, che condiziona pesantemente l'operato di governi ed il pensiero dell'opinione pubblica, è l'utilizzo di valutazioni morali per definire processi economici.
Matrix, si sa, ama la Germania, nelle nostre trasmissioni dove si trattano temi economici c'è sempre un giornalista tedesco che ci fa la lezioncina su quello che dovremmo o non dovremmo fare. I tedeschi sono, nel suo immaginario. e quindi nella comunicazione che ci offre, un esempio, perché, produttivi e capaci di esportare. Ancora più bravi, poi, perché capaci di rimanere in forte surplus di bilancia dei pagamenti e quindi esportatori netti, dimostrando di essere la vera locomotiva d'Europa; noi dovremmo fare come loro e smetterla di essere pigri ed improduttivi.
Ma cosa significa esportare? Esportare significa semplicemente vendere le proprie merci all'estero, quindi se
io esporto ci deve essere qualcuno che importa: se non ci fosse nessuno che importa non esisterebbe commercio estero e, d'altronde, come è stato detto brillantemente, se tutto il mondo esportasse dovrebbe esportare su altri pianeti; questo ci porta alla ovvia considerazione che ambedue i soggetti sono fisiologicamente necessari e che non ha molto senso da un punto di vista economico dare un valore di merito al fenomeno, se non in un ottica competitiva mercantilistica.
Tanto non ha senso che il Fondo Monetario Internazionale nel suo statuto ha la c.d. "clausola della valuta scarsa" che punisce uno Stato che persiste nel rimanere in surplus di bilancia dei pagamenti, fenomeno che, quindi, è visto sfavorevolmente, tanto quanto quello di un Paese in continuo deficit; ciò perché uno squilibrio persistente, sia in surplus che in deficit, non permette il riequilibrio delle partite e quindi ostacola a lungo andare gli scambi. Oltretutto lasciato a sé il sistema tenderebbe a riequilibrarsi: tra Stati con monete diverse il riequilibrio avviene attraverso il deprezzamento della valuta del Paese A importatore, il quale vende moneta propria per acquistare moneta del Paese B esportatore, al fine di acquistarne i beni, e l'apprezzamento della valuta del secondo, poiché aumenta la domanda della sua moneta; questo fenomeno porta a rendere più competitivi sul mercato estero i beni del Paese A che quindi risulta agevolato nelle sue esportazioni e, parallelamente, più cari per gli altri e quindi meno competitivi i beni del Paese B, che quindi vede diminuire le sue esportazioni, riportando in riequilibrio il sistema. Con la moneta unica il riequilibrio, più lento, avviene attraverso l'aumento dei redditi all'interno del Paese B e del tasso di inflazione, che è fisiologicamente legato alla crescita economica; ciò porta ad aumentare i consumi, anche dei beni esteri, dei suoi cittadini ed insieme a rendere, via inflazione, più cari i suoi beni, con una diminuzione delle esportazioni. Parallelamente la diminuzione dei redditi del Paese A porta ad un calo dei consumi, anche di beni esteri, e la minore inflazione derivante dal calo della domanda e quindi dei prezzi, rende di nuovo competitivi i beni da esportare, anche qui riequilibrando a medio termine il sistema.
Se le cose stanno così, allora perché in Europa non c'è stato riequilibrio e il Paese sedicente "virtuoso" (la Germania) è rimasto tale e quelli periferici, Italia compresa, sono rimasti importatori netti e quindi secondo matrix "viziosi"? E' colpa del fatto che sono (siamo) improduttivi o pigri o incapaci come ci raccontano, o c'è dell'altro?
Iniziamo a vedere qualche dato:

Fonte: goofynomics

Da questo grafico si vede che, fino al 1989 la produttività media del lavoro italiana e tedesca viaggiava di
pari passo, poi, con l'entrata nello SME quella italiana perde colpi fino al 1992 data di uscita; da quel momento riprende forte, ancora più forte della Germania alla quale recuperiamo terreno, fino al 1996 quando iniziano le manovre "lacrime e sangue" per entrare in Europa. Da li in poi e dopo l'entrata nell'euro la produttività italiana ristagna, mentre quella tedesca prosegue la sua crescita.
Si può concludere che la nostra produttività è pari se non superiore a quella della Germania e teme solo l'ingabbiamento in un sistema a cambi fissi come era lo SME o all'interno di una moneta unica (che poi è lo stesso, non essendoci un'unione fiscale che riequilibra tramite trasferimenti le differenze di velocità delle economie dei singoli Stati appartenenti).
Vediamo la produzione industriale:


Fino all'inizio delle manovre per entrare nell'euro anche la nostra produzione va forte, fortissima, superando dei mostri produttivi come i tedeschi; negli anni di moneta sovrana, dopo il 1993, assorbito lo shock dell'uscita dallo SME la produzione decolla a ritmi ben superiori a quelli della Germania e rimane tale fino appunto all'inizio del riallineamento delle economie in vista dell'euro.
Vediamo ora i saldi della bilancia dei pagamenti nel periodo pre-euro:


Appena ci sganciamo dallo SME (barra nera) le esportazioni partono, portando la BdP in surplus sempre crescente fino al 1996, che ormai avete imparato essere l'anno dove si inizia la manovra di avvicinamento all'euro; il risultato lo si vede: da un surplus si arriva man mano ad un deficit nel 2000. La Germania, all'epoca la "malata d'Europa" è sempre più o meno in difficoltà, altro che bravi e produttivi. Poi...


poi le cose cambiano radicalmente: dal 2002 la Germania va in surplus e da quel momento la sua BdP non vede più se non una smisurata crescita del saldo attivo netto, mentre noi (e non solo noi) sprofondiamo.
Cosa possiamo ricavare da questi dati? Innanzitutto che le nostre esportazioni non si sono rette su svalutazioni competitive, ma su una vera capacità produttiva. E le svalutazioni? Meramente difensive e lo si vede da questo grafico, già visto nella prima pillola su svalutazione ed inflazione.

Fonte: goofynomics

Guardate solo la spezzata blu: le tre importanti svalutazioni italiane sono avvenute nel 1974 dopo lo shock petrolifero del 1973, nel 1980 dopo quello del 1979 e nel 1993 dopo l'uscita dallo SME del 1992. Dopo, non prima. D'altronde, come si vede, la lira ebbe anche delle rivalutazioni, quella importante per entrare nello SME, ma altre dettate semplicemente da riaggiustamenti del cambio, così come è normale.
Non esistono e non sono mai esistite svalutazioni realmente competitive della lira, ovvero effettuate per garantirsi un vantaggio di prezzo, ma riaggiustamenti fisiologici in più o in meno a seconda dell'andamento delle partite correnti, e svalutazioni DIFENSIVE.
Quindi, se non siamo poi così pigri, improduttivi, e capaci solo di svalutare competitivamente, perché abbiamo perso terreno dopo il 2002 nei confronti della Germania, senza più recuperarlo? Parlo del 2002, perché il calo precedente fino al 2000 deriva evidentemente dalla contrazione dell'economia causato dalle manovre pesanti e recessive per entrare nei parametri di Maastricht.
Nel 2002 la Germania decide di giocare sporco. Non gli basta aver ingabbiato di nuovo la nostra economia in vincoli che storicamente ci deprimono e di aver imposto nel trattato di Maastricht parametri assurdi e non motivati che hanno ulteriormente depresso la nostra capacità produttiva; i grandi gruppi industriali tedeschi temono la capacità del nostro apparato produttivo, basato sulle PMI, flessibili ed aggressive, che negli anni '90 li hanno battuti e la nostra bravura ad esportare e decidono di acquisire un vantaggio competitivo, attraverso una radicale riforma del lavoro: la riforma Hartz, poi completata dalla Hartz IV sul welfare, un pacchetto di disposizioni che formarono la c.d. Agenda 2010. Con questa riforma vennero fra l'altro istituiti i "minijob", lavori a 400 euro, sovvenzionati in parte dallo Stato, con contributi all'affitto ed al sostentamento del lavoratore, ovvero con aiuti di Stato vietati dalla UE, che naturalmente, diminuendo significativamente il costo del lavoratore per l'impresa (i minijob sono oltretutto privi di previdenza sociale), permettevano di produrre a costi così bassi da rendere il prezzo finale estremamente competitivo.
Questa è stata la causa prima del vantaggio competitivo che i prodotti tedeschi hanno avuto e che ha permesso loro letteralmente di invadere con le loro merci senza trovare resistenza. L'esportazione "virtuosa" della Germania è nata quindi da una capacità produttiva "viziata" da una forte riduzione media salariale che ha reso slealmente competitive le merci tedesche ed ha impedito il riallineamento deprimendo i consumi interni.
Altro che superiore capacità produttiva...
E dove si è rivolta questa esportazione? Ma verso gli altri Paesi dell'Eurozona, soprattutto quelli periferici con economie più deboli (Grecia, Spagna, Portogallo) o indebolite (Italia) dalla "cura Maastricht": praticamente come un pugile che prima lega le caviglie dell'avversario, poi gli appesantisce i guantoni ed infine comincia a colpirlo. Ma no, Matrix ci dice che i tedeschi hanno esportato in Cina e tenuto alto la bandiera dell'Europa nel mondo! Vediamo se è vero:

Fonte: goofynomics

Questo sono i saldi delle esportazioni ed importazioni da area UE e da extra UE: come si vede il saldo fortemente positivo è dato dai Paesi UE (26,03), piuttosto che da quelli del resto del mondo (18,60), dai quali peraltro la Germania importa fortemente (-68,9). Riguardo alla Cina

Fonte: goofynomics

sembra di no: il saldo delle partite correnti con la cina è sempre negativo, ed anzi, fino alla contrazione dei consumi derivanti dalla crisi, in deficit sempre crescente.
La conclusione è che la Germania ha vissuto e retto la sua economia con le esportazioni all'interno della UE e non verso gli altri Paesi e certo non verso la Cina.
Ancora una volta Matrix non ve la racconta giusta.

Nessun commento:

Posta un commento