giovedì 8 agosto 2013

La Sinfonia della menzogna di Letta. Parte seconda



Quello che davvero colpisce non sono le bugie di Letta e Saccomanni sulla “ripresina”: in fondo la menzogna, anche la più smaccata e incredibile è stata uno dei metodi di governo degli ultimi decenni. Così possiamo anche sorridere amaramente sul fatto che questo spaccio di stupefacenti si appoggia sulla circostanza che nel secondo trimestre di quest’anno la diminuzione del Pil sia stata delmeno 0,20% invece che del meno 0,26% previsto dall’Ocse. Libiamo nei lieti calici, tanto più che questa ottimistica idiozia viene usata per tentare di mettere un po’ di malta sulla sabbia bagnata del governo Letta che rischia di essere asciugata dal calor bianco della condanna del Cavaliere.

Ciò che invece emerge con chiarezza inequivocabile è la totale inadeguatezza del sistema politico alla situazione che stiamo attraversando: dovremmo fare con dei nani il lavoro dei giganti. Ed è in ogni caso un lavoro di lungo periodo che contrasta con l’ambigua e tormentata episodicità delle larghe intese volute da Napolitano già nel 2011. O con il carattere falsamente emergenziale di convergenze politiche che si dicono legate al momento particolarmente duro che stiamo attraversando e che invece denunciano una disgregazione di idee e di rappresentanza.

Senza contare la diminuzione di Pil che sarà portata fin dall’anno prossimo dal fiscal compact, così stupidamente firmato, senza contare i problemi radicali posti dall’euro, senza contare la perdita di sovranità, anche se da oggi la nostra economia ripartisse dopo un opportuno viaggio a Lourdes e mostrasse una crescita simile a quella del quindicennio precrisi, intorno all’ 1,1 per cento, non riusciremo mai, a recuperare il tempo perduto e a riagganciare la curva di sviluppo così bruscamente interrotta nel 2007. Per riuscire a farlo in circa 60anni dovremmo crescere più del 1,5% all’anno, Se invece crescessimo del 2% all’anno – cifra del tutto fuori questione vista la permanenza nell’euro, l’ubbidienza al telecomando di altri Paesi, ai diktat dei poteri finanziari e dentro una fase di rapida deindustrializzazione – ci vorrebbero 20 anni, a cominciare dal 2015. E’ semplice, desolante aritmetica che ci testimonia come sia faticoso anche il migliore dei mondi possibili e di come anche semplici ed ovvi calcoli vengano tenuti ben nascosti.

Quindi la balla estiva di Letta e Saccomanni è nulla in confronto all’inganno radicale al quale è esposta l’opinione pubblica del Paese, grazie anche alla fattiva collaborazione dei media: la diffusione della leggenda e della speranza che, passata la buriana, tutto sia destinato a risolversi nel giro di tre o quattro anni. Invece non è assolutamente vero: tutto ciò che è stato falcidiato nel welfare in questi due ultimi anni, tutto ciò che è stato fatto per cancellare i diritti del lavoro e rendere stabile la precarietà, tutto ciò che si è perso e tutto ciò che andremo a perdere nel prossimo futuro, rimarrà come una cicatrice non rimarginata molto, ma molto a lungo. Quelli che perdono qualcosa si tolgano dalla testa che si tratti di una misura temporanea … durerà tutta la loro vita e probabilmente anche quella dei loro figli.

Così è chiaro che senza soggetti politici nuovi e radicalmente differenti dagli attuali, compresi i più recenti, senza una inversione di 180 gradi della rotta, senza spazzare via l’esistente marcito e infestato dalle termiti, tutti gli equilibri e gli equilibrismi , i contorcimenti non sono altro che i patetici tentativi di una classe dirigente di rimanere al potere e anzi di acquisirne ancora di più grazie alla crisi e al vulnus che essi intendono infliggere alla democrazia. Altro che Epifani, Renzi, Berlusconi o i proclami da qualche villaggio vacanze: questo deve diventare presto solo il passato per evitare che i fantasmi si approprino definitivamente del nostro futuro.

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