lunedì 23 settembre 2013

Il castello d'argilla

Ricevo dalla Presidente del Progetto Eurexit, Francesca Donato, alcune sue considerazioni in merito alla situazione attuale in Italia che volentieri pubblico.
Il Progetto Eurexit è un movimento politico che pone tra i suoi punti l'uscita immediata dall'euro ed il ritorno ad una sovranità fiscale e monetaria, con l'abbandono dei parametri e delle regole dettate dall'Europa, come il fiscal compact: per maggiori informazioni www.progettoeurexit.it

IL CASTELLO D’ARGILLA
Leggiamo oggi su tutti i principali quotidiani l’ennesima smentita delle rosee previsioni diffuse poche settimane fa dalle fonti governative, riguardo alla crescita del PIL ed al rispetto della soglia del 3% del deficit, a cui il governo è tenuto in seguito dell’applicazione del Patto di crescita e stabilità, detto “fiscal compact”, che ha condotto all’introduzione nel dettato costituzionale dell’obbligo di pareggio del bilancio, sia a livello di politiche economiche nazionali che locali.
Come accade ormai dall’avvento del governo Monti nel 2011, ogni trimestre vengono infatti fornite previsioni ottimistiche sulla “ripresa”, con promesse di aumento del Pil e di riduzione della spesa pubblica e del deficit, che vengono puntualmente smentite il trimestre successivo, con il differimento in avanti dei target preannunciati ai semestri successivi.
E di conseguenza, si rende necessario un’ulteriore “aggiustamento” della manovra economica per far quadrare i conti, che si traduce in ulteriori oneri a carico dei cittadini: aumento dell’Iva inevitabile, tagli ai trasferimenti di fondi agli enti locali, e così via.
D’altronde, col sistema vigente, è ormai chiaro che i cittadini fanno le veci delle banche centrali, ormai divenute “indipendenti” e quindi esenti da tali responsabilità, fungendo da “prestatori di ultima istanza” nei confronti dei creditori dello Stato, ovvero del debito pubblico.
La permanenza nell’Eurozona ci obbliga immancabilmente a sottostare ai vincoli suddetti, rafforzati dal meccanismo di controllo preventivo inserito dal “Two Pack”, che ci obbliga a presentare, entro il 15 ottobre di ogni anno, il testo della nostra futura manovra economica e finanziaria per la supervisione da parte della Commissione europea, la quale ha il potere di “non accettare” i termini della manovra ed indicarci espressamente le correzioni da approntarvi per ottenere la necessaria approvazione.
Laddove il nostro governo dovesse omettere di presentare la bozza di manovra alla CE, o non ottemperasse alle indicazioni ricevute, sarebbe passibile di sanzioni anche economiche.
E’ evidente come l’approvazione di tali regole europee abbia costituito una cessione di quote fondamentali di sovranità da parte del nostro Paese, con la conseguente sottrazione dell’autonomia del Governo italiano nel decidere la propria politica economica, a favore di autorità europee sovranazionali non elette e sottratte ad ogni forma di controllo o censura, come la CE e la BCE.
Che questo sia un sistema antidemocratico è un dato già più volte evidenziato da chi scrive, e condiviso da vari economisti e politici di vari schieramenti, tra i quali l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti (v. filmato qui pubblicato nella sezione “video”).
Per non parlare del fatto che qualunque velleità di riduzione della pressione fiscale o di interventi concreti per l’occupazione e la crescita, si scontra con l’assenza di fondi nelle casse dello Stato, dai quali vengono “drenati” ogni anno i 40 miliardi che siamo tenuti a versare al “fondo salva Stati” (così lo chiamava Monti con toni euforici, al momento della sua approvazione), meglio conosciuto come MES (Meccanismo europeo di stabilità), in ottemperanza del relativo trattato.
Per restare a tutti costi nell’euro, dunque, ci ritroviamo a non poter gestire autonomamente le nostre risorse finanziarie, sempre comunque scarsissime per i motivi sopra accennati, con le note gravi ripercussioni su tutto l’apparato amministrativo e sociale dello Stato: il buco insanabile dei bilanci degli enti locali, in particolare di migliaia di Comuni, specie i più piccoli, che sono sull’orlo del dissesto e rischiano di non riuscire più a pagare gli stipendi ai propri dipendenti, oltre a non potere più fornire i servizi pubblici essenziali ai propri cittadini.
A questo si aggiunge il fatto che, sempre a causa del patto di stabilità, anche i Comuni che dispongano di attivi in bilancio, che potrebbero spendere per erogare servizi, non possono toccarli per non sforare la soglia del deficit del 3%.
Da tempo i Sindaci di tutta Italia denunciano questa assurda situazione, ed oggi l’insofferenza alle regole europee è ai livelli massimi, proprio a causa del cresciuto fabbisogno da parte dei cittadini di servizi pubblici efficienti per sopperire ai disagi conseguenti alla crisi.
Nessuno parla mai poi del fatto che, per ridurre nel lungo periodo gli sprechi di risorse, sarebbe indispensabile approntare un piano di investimenti pubblici per riammodernare, ad esempio, le condotte idriche, ridotte a vere colabrodo specialmente in alcune regioni del sud, con una dispersione d’acqua sino al 60%, oltre che per realizzare infrastrutture da sempre promesse e vieppiù urgenti, quali metropolitane, ferrovie, autostrade.
Nulla di tutto questo potrà mai essere realizzato finchè rimarremo nell’attuale sistema. Le stime diffuse da tutti gli economisti europei dipingono uno scenario sconfortante per i prossimi vent’anni almeno, nel quale potranno solo alternarsi periodi di stagnazione ad altri di recessione.
Il livello del debito pubblico toccherà a breve il livello record del 133% sul Pil, nonostante, anzi, proprio a causa delle manovre di “austerity” imposte dalla troika e messe a punto dal solerte governo Monti-Letta.
Qualunque giudizio si abbia del precedente governo Berlusconi, è un dato di fatto che sotto lo stesso il debito era sensibilmente inferiore ad oggi, lo “spread” era stabile a circa 110 punti e la disoccupazione nel 2010, in piena ondata di crisi, era all’8,4% mentre oggi siamo al 12%.
Secondo quanto riferito dall’ex membro della BCE Bini Smaghi, in un’intervista rilasciata al Telegraph, il premier Berlusconi nel 2011 aveva manifestato in sede europea la propria intenzione di fare uscire l’Italia dall’euro, ed a seguito di tali sue posizioni il presidente Barroso avrebbe espressamente dato l’ordine di “staccare la spina” al suo governo, obiettivo realizzato di lì a breve tramite la vendita massiccia di titoli di Stato italiani posta in essere improvvisamente dalla Bundesbank, e seguita a ruota dalle altre banche europee, che ha portato al repentino innalzamento dello spread a causa del quale Berlusconi è stato convinto a dimettersi.
A nomina del Governo Monti avvenuta, è stato dapprima il maxifinanziamento accordato dalla BCE alle banche, oltre al nuovo piano di aiuti alla Grecia, a calmare i mercati facendo scendere lo spread; il quale poi ha ricominciato a crescere fino a toccare il picco massimo di 537 punti nel luglio 2012: a tal punto è servito dapprima l’intervento rassicurante di Mario Draghi, presidente della BCE, in cui per placare i mercati affermava che si sarebbe salvato l’euro “whatever it takes”, preannunciando l’acquisto illimitato da parte della stessa BCE dei titoli dei Paesi in difficoltà, tramite le cosiddette “OMT” (Outright Monetary Transactions), e successivamente, la ratifica del MES da parte di tutti i Paesi dell’Eurozona, per riportare il livello dello spread al di sotto dei 300 punti. Risultato di cui il Presidente Monti si è prontamente, ed infondatamente, attribuito il merito.
Dal giorno della nomina, il Presidente Monti ed il suo successivo omologo Letta, hanno solertemente operato per eseguire con puntualità tutto quanto previsto nella famosa lettera inviata nel 2011 al governo Berlusconi ancora in carica, e sottoscritta da Mario Draghi e dall’allora presidente della BCE Trichet (v. testo pubblicato in “linkoteca”), che predisponeva un’agenda di “riforme” apparentemente tese a “rimettere a posto i conti”, ma poi rivelatesi deleterie per il loro impatto sull’economia reale.
Secondo quanto rivelato dall’ex Ministro Tremonti in una sua dichiarazione televisiva (v. video), però, tale lettera è stata in realtà scritta a Roma e poi inviata dalla BCE su richiesta di alcuni soggetti politici italiani (la cui identità rimane ad oggi ignota), per mettere con le spalle al muro Berlusconi, il quale si dimostrava refrattario ad accentuare il percorso  di rigore già iniziato.
Che si voglia credere o no a suddetta tesi, è un fatto che di lì a poco Berlusconi cadde e che l’“agenda Monti” è ancora oggi l’impegno principale del governo Letta, il quale non a caso si è precipitato da Angela Merkel il giorno dopo il suo insediamento, per assicurare il rispetto delle sue prescrizioni, nonostante il conclamato fallimento di tali misure in termini di miglioramento della situazione di crisi economica.
Fra l’altro, una delle prime misure adottate da Monti, è stata quella di fornire gli aiuti alle banche in crisi, con ingenti versamenti di liquidità, tramite i quali poi è stato alle stesse banche ordinato di acquistare i titoli di Stato italiani che venivano messi in vendita dalle banche tedesche e francesi, in quanto ritenuti non più affidabili per il rischio di default del nostro Paese.
Oramai, quindi, più del 60% del nostro debito pubblico è detenuto dalle nostre stesse banche, sulle quali pertanto grava maggiormente il rischio di un possibile nostro tracollo economico.
Chi ha tratto sicuramente vantaggio dall’esecutivo Monti, pertanto, sono state le banche nordeuropee.
Lo stesso può dirsi riguardo al meccanismo del MES: i soldi versati dai nostri contribuenti, confluiti al MES, sono stati trasferiti alle banche spagnole e greche, per salvarle dal default e fare in modo che pagassero i loro debiti verso la banche tedesche e francesi.
Il criterio fondamentale per individuare l’autore del reato, che ho appreso durante l’esercizio dell’attività di avvocato penalista, è porsi la domanda: “cui prodest?” ovvero “a chi giova?” o “chi ci guadagna?”
Dalla risposta a tale quesito è facile risalire ai primi responsabili ed artefici degli eventi che vediamo accadere e di cui a volte non riusciamo a comprendere le ragioni. E la risposta, oggi credo che siamo in grado di darla tutti, o quasi.
Ma nonostante il malcontento diffuso ed il conflitto interno sempre maggiore nei partiti politici che lo compongono, il Governo Letta continua imperturbabile il proprio cammino, al riparo da ogni tempesta grazie allo scudo levato dal Presidente Napolitano e dal fortino costruito intorno ad esso dai vertici delle istituzioni europee.
La preannunciata cannonata da parte di Silvio Berlusconi in caso di voto favorevole alla sua decadenza, si è rivelata essere soltanto una vuota minaccia, resa inutile dall’evidente intenzione espressa dal gendarme Napolitano di non sciogliere le camere in caso di crisi e di realizzare un governo Letta-bis, il cui sostegno già si preparava tramite l’arruolamento nelle file dei filogovernativi di numerosi deputati del Pdl e del M5S.
Oggi, dopo aver dimostrato di essere corazzato contro ogni possibile attacco, Enrico Letta attribuisce tuttavia la colpa dei propri deludenti risultati in materia economica alla “instabilità politica”!
Fino ad ora il Popolo italiano è stato “tenuto a bada” con una dose quotidiana di bugie, diffuse senza remore dai principali media nonostante i fatti ed i dati disponibili ne evidenziassero la natura.
Ma ormai il palco di questa sceneggiata sta per crollare, e l’intera struttura dell’Eurozona è destinata a farlo, come un castello d’argilla che esposto alle intemperie si riempie di crepe, per poi rompersi al primo banale urto.
La verità emerge sempre più evidente agli occhi dei Popoli europei, ogni giorno più aperti proprio a causa delle angherie che sono ormai da troppo tempo costretti a subire, e delle quali esigono una spiegazione.
Questo regime comincia a capire di avere i giorni contati, ed il nervosismo dato da tale consapevolezza traspare da dietro i sorrisi di circostanza e di rassicurazione.
Presto la storia riconsegnerà ai Popoli le armi loro rubate, necessarie per far valere i propri diritti sinora negati, e quando quel giorno verrà, i cittadini sapranno riconoscere chi ha loro mentito per anni per sfruttarli impunemente, e chi invece si è battuto dicendo la verità per riportare in vita la democrazia ed il valore della dignità dell’uomo, a dispetto delle critiche, delle censure e dell’ipocrisia di molti.
Francesca Donato

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