giovedì 17 ottobre 2013

È tempo di scommettere sul "Frexit"?

Evans-Pritchard dal Telegraph commenta i recenti successi del Front National di Marine Le Pen in Francia, che i sondaggi danno già incredibilmente come prima forza politica. Non è più il partito estremista di Le Pen padre, ora raccoglie sempre più voti a sinistra ed ha fatto proprie le proposte economiche di Jacques Sapir.
Intanto, come conclude l'articolo, "le peggiori paure delle élite dell'Unione Europea stanno diventando realtà. Ed è totalmente colpa loro." 




C'è stato un piccolo terremoto in Francia. Un partito che si è impegnato per l'uscita dall'euro e il recupero del franco francese, nonché per la completa distruzione dell'unione monetaria, ha appena sconfitto i maggiori partiti politici in un ballottaggio elettorale a Brignoles.

E la stessa minaccia del “Frexit” (uscita della Francia dall'euro, ndt) altera alquanto l'alchimia politica del referendum britannico sulla permanenza nell'Unione Europea.

Il Front National di Marine Le Pen ha guadagnato il 54% dei voti. È una brutta sconfitta per l'UMP gollista, un partito che rischia la disintegrazione se non riesce a trovare rapidamente un leader.

I socialisti del presidente Hollande erano già stati sconfitti al primo turno, a causa di una massiccia defezione della classe lavoratrice (che costituisce la base per i socialisti) in favore del Front National. I socialisti avevano inizialmente creduto che il Front agisse a loro vantaggio, perché divideva la destra. Finalmente hanno aperto gli occhi di fronte all'enorme pericolo politico.

Attualmente il Front National è il partito più popolare in Francia, con il 24% dei voti secondo l'ultimo sondaggio Ifop. Entrambi i maggiori partiti di governo dal dopoguerra ad oggi si sono trovati indietro per la prima volta. I gollisti (UMP) sono al 22%, i socialisti al 21%.

Sto guardando tutto questo con curiosità, perché Marine Le Pen mi disse in giugno che il primo punto del suo ordine dei lavori in caso di insediamento all'Eliseo sarebbe stato l'annuncio di un referendum sulla permanenza nell'Unione Europea, da indire nel giro di un anno:

"Negozierò i punti sui quali non possiamo fare dei compromessi. Se i risultati saranno inadeguati, chiederò l'uscita. L'Europa è solo un grande bluff. Da un lato c'è l'immenso potere dei popoli sovrani, dall'altro c'è un manipolo di tecnocrati."

Alla domanda se intendesse ritirare immediatamente la Francia dall'euro ha esitato per un paio di secondi e poi ha detto: “Sì, perché l'euro impedisce qualsiasi decisione economica. La Francia non è un paese che possa accettare di stare sotto la tutela di Bruxelles.”

Ai funzionari verrà detto di definire un piano per il recupero del franco. I leader dell'Eurozona saranno di fronte ad una dura scelta: collaborare con la Francia per una “uscita concordata” o una rottura coordinata dell'unione monetaria, oppure stare ad aspettare il fato di un collasso disordinato.

“Non possono sedurci. L'euro cessa di esistere nel momento che la Francia se ne va e questa è la nostra straordinaria forza. Cosa pensano di poter fare, mandare i carri armati?”

I suoi quattro punti di disaccordo rispetto alla partecipazione all'UE sono il ritiro dalla moneta unica, il recupero dei controlli alle frontiere francesi, il primato della legge francese e ciò che lei chiama “patriottismo economico”, cioè il potere della Francia di perseguire un “protezionismo intelligente” per salvaguardare il suo modello sociale. “Non riesco a immaginare che si possano fare delle politiche economiche senza il pieno controllo sulla nostra moneta,” ha detto.

Come ho scritto in giugno, il Front ottiene le più alte previsioni elettorali nei cantoni tradizionalmente socialisti, il che è una chiara evidenza che sta uscendo dai confini della destra per diventare un movimento di massa della classe lavoratrice bianca.

È da qui che viene la nuova espressione coniata dalla stampa francese: “Lepenismo di sinistra”. Sta aggirando i socialisti con i suoi attacchi alle banche e al capitalismo transnazionale. Il partito ha recentemente avuto l'adesione di Anna Rosso-Roig, candidata per i Comunisti alle elezioni del 2012.

Il piano di ritiro dall'euro della signora Le Pen si basa sullo studio degli economisti della École des Hautes Études di Parigi guidata dal professor Jacques Sapir. Lo studio conclude che Francia, Italia e Spagna beneficierebbero tutte da un'uscita dall'euro, per recuperare la perduta competitività del lavoro in un colpo senza passare attraverso anni di depressione.

La loro ipotesi di lavoro è che gli squilibri tra Nord e Sud dell'eurozona siano già andati oltre il punto di non ritorno. I tentativi di invertire la rotta attraverso la deflazione e i tagli salariali implicano inevitabilmente disoccupazione di massa e distruzione della base industriale.

Il professor Sapir ha detto che i massimi guadagni si avrebbero con una rottura ordinata e controlli dei movimenti di capitale, con una banca centrale che interviene per dirigere il valore delle nuove monete verso livelli target. Il modello assume che il marco tedesco e il fiorino olandese debbano essere portati a rivalutarsi del 15% sul vecchio euro, mentre il franco dovrebbe svalutarsi del 20%.

I guadagni sarebbero inferiori se l'euro collassa nell'acrimonia e nel caos valutario. Questo influggerebbe un violento shock deflattivo in Germania, ma sarebbe comunque fortemente positivo per il blocco latino.

Non voglio entrare nel dibattito se il Front National si sia veramente sbarazzato dell'antisemitismo o se le sue politiche sull'immigrazione e la cultura debbano inevitabilmente portare ad uno scontro con i 5 milioni e più di musulmani in Francia. Questo è un blog di finanza.

La mia impressione è che la Le Pen sia più rilassata sui diritti dei gay e sull'aborto di quanto faccia vedere, vicina per certi versi più all'assassinato populista olandese Pim Fortyn che a suo padre Jean-Marie Le Pen, che per contro si lamenta che lei ha fatto proprie un po' di vedute “piccoloborghesi” nelle scuole parigine.

Il fatto è che la sua campagna di “de-demonizzazione” o disintossicazione dell'immagine sembra aver funzionato. Sono una piccola minoranza degli elettori pensa ancora che il Front sia una “minaccia per la democrazia”. La signora Le Pen sta stravincendo anche sulle donne della classe lavoratrice bianca. Il Front così femminilizzato non è più il partito del maschio bianco arrabbiato.

Mentre suo padre definì l'Olocausto un “dettaglio” storico, lei lo definisce “l'apice della barbarie umana”. Posso capire perché molta gente abbia considerato questo un cinico trasformismo. I partiti non cambiano caratteristiche così rapidamente. Ma come i consiglieri dei socialisti hanno avvisato il signor Hollande, il gioco è cambiato. Non basta più continuare a dire che il Front è oltre i limiti. C'è qualcosa di nuovo in campo.

Potrei aggiungere che il Front non è per nulla simile all'Ukip, un partito pro-americano, sbilanciato a destra, liberista e contrario al welfare. Marine Le Pen al contrario è un'ardente difensore del modello di welfare francese. Le sue critiche al capitalismo le danno un colore di sinistra. Alcuni lo definiscono nazionalsocialismo degli anni '30, ma qui cominciamo a toccare l'attrazione populista.

La Le Pen ha scagliato fulmini contro Washington e la Nato, chiedendo che la Francia riprenda la sua posizione di voce “non allineata” in un mondo multipolare, e scagliandosi contro i gollisti dell'UMP per aver svenduto l'anima all'Europa e al suo ordine anglosassone. “C'era un De Gaulle di sinistra e un De Gaulle di destra. C'erano due De Gaulle. E noi stiamo dalla parte di entrambi” ha detto.

La crescita del Front National ci ricorda una volta ancora che la crisi politica “a fuoco lento” in Europa deve ancora raggiungere l'apice. La disoccupazione di massa e i suoi effetti estenuanti di deflazione del debito stanno consumando alla base l'intero impianto. Proprio come fecero all'inizio degli anni '30 sotto il Gold Standard, così accade ora nell'unione monetaria.

La Francia ha sopportato la stessa lenta tortura allora, accettando stoicamente i “500 decreti per la deflazione” del premier Pierre Laval. Quei provvedimenti sembrarono portare stabilità per un po'. Ma non per mlto. L'argine si ruppe nel 1936 con il Fronte Popolare di Sinistra, cosa una volta impensabile, appoggiato dai Comunisti. Il Gold Standard crollò.

Il fiscal compact (in senso ampio) di Angela Merkel è davvero soltanto la versione moderna della deflazione di Laval. Non c'era alcuna buona ragione macroeconomica per costringere la Francia a strozzare le politiche fiscali così violentemente negli ultimi due anni, riportando l'economia di nuovo in recessione. Tali misure sono state cacciate giù in gola alla Francia solo perché l'amore per l'austerità (senza controbilanciare con un stimolo monetario) è la dottrina dell'unione monetaria, ed anche perché la Francia ha lasciato che la Germania dettasse legge.

Possiamo discutere se queste politiche siano state controproducenti in termini economici. Ma ciò che è limpidamente chiaro è che hanno sconvolto il quadro politico francese, aprendo le porte al Front National.

È adesso molto probabile che il Front faccia il pieno alle elezioni europee il prossimo maggio, un voto che si adatta perfettamente ai loro programmi. Non sarà l'unico. Gli euro-scettici sembrano sul punto di dare l'assalto all'emiciclo di Strasburgo. Questo è un altro dato di fatto sul terreno.

Le peggiori paure delle élite dell'Unione Europea iniziano a diventare realtà. Ed è totalmente colpa loro.

Traduzione e ringraziamenti: http://vocidallestero.blogspot.it

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