mercoledì 4 giugno 2014

il TTIP rivelato


C'è una sigla che ogni tanto affiora misteriosa negli articoli economici e di cui si mormora negli ambienti politici, qualcosa di cui si sta occupando con molta discrezione la Commissione Europea e che Renzi ha dichiarato essere una priorità per il semestre italiano: il TTIP o Trasatlantic Trade and Investment Partnership. Cos'è? Letteralmente è l'accordo fra i due blocchi transatlantici, ovvero gli USA e l'Europa, per regolare in maniera comune il mercato delle merci, dei servizi e degli investimenti, una sorta di mercato comune transatlantico, un accordo per facilitare l'interscambio commerciale fra i due blocchi. Ma il TTIP è solo questo? E cosa significa in effetti facilitare l'interscambio commerciale?

Per capire cosa è in effetti il TTIP dobbiamo fare un passo indietro ed esaminare un'altro accordo simile, sancito il 1 gennaio 1994, fra gli USA, il Canada ed il Messico: il NAFTA, North American Free Trade Agreement. Come si può intuire il NAFTA è la versione nordamericana del TTIP e crea uno spazio di libero scambio fra i tre Paesi aderenti: vediamo le caratteristiche comuni, come le descrive un comunicato dell'ambasciata e del consolato canadese in Italia (il grassetto ovviamente è mio):
"Il NAFTA prevede un trattamento nazionale, il più favorevole dei trattamenti nazionali, e la proibizione di norme sul rendimento che abbiano un effetto negativo sugli scambi commerciali. Canada, Stati Uniti e Messico devono trattare i reciproci beni, servizi o investitori come se fossero i propri. Una volta che merci, servizi e investimenti provenienti da un paese entrano in un altro, non possono essere oggetto di discriminazioni sulla base della loro origine. Gli investitori internazionali con investimenti in Canada godono dei privilegi del NAFTA se utilizzano il Canada come "base" per effettuare investimenti negli Stati Uniti o nel Messico.
Il NAFTA assicura agli esportatori presenti in Canada l'accesso sia agli Stati Uniti che al Messico. Regole più chiare sul contenuto nordamericano di alcuni prodotti, incluse quelle per gli autoveicoli, riducono il rischio di interpretazioni unilaterali da parte dei funzionari delle dogane.
Gli esportatori e gli investitori possono essere sicuri che i loro interessi saranno effettivamente difesi grazie ad un sistema per la risoluzione delle controversie più trasparente e più chiaramente regolamentato. Le controversie derivanti dall'applicazione dei dazi possono essere affidate a commissioni bi-nazionali. I contrasti tra investitori e governi dei paesi NAFTA possono essere risolti tramite un arbitrato internazionale.
Le formalità burocratiche da espletare in caso di viaggi d'affare sono state semplificate. Gli uomini d'affari, purché appartenenti ad una delle 60 professioni riconosciute, possono ottenere un permesso di soggiorno temporaneo senza alcuna approvazione precedente.
Il NAFTA contempla una copertura totale dei diritti derivanti dalla proprietà intellettuale stabilendo principi e regole di applicazione. Brevetti, marchi, diritti d'autore e segreti commerciali delle aziende e degli individui canadesi sono protetti. Rispetto a qualsiasi altro accordo bilaterale o multilaterale, il NAFTA prevede un maggiore livello di protezione per i diritti di proprietà intellettuale.
In base all'Accordo, tutti gli investitori dei paesi NAFTA devono essere trattati in modo egualitario. La copertura offerta dal NAFTA si estende anche agli investimenti effettuati da una qualsiasi azienda incorporata in un paese NAFTA, indipendentemente dal suo paese di origine.".

Per capire quindi cosa ci aspetta possiamo vedere cosa è successo agli aderenti al NAFTA e cosa ha comportato aderirvi. Cominciamo da quanto riferisce l'Associazione Oscar Romero, che ha un suo osservatorio sulla situazione dell'america latina: "il NAFTA ha dimostrato di essere un'oppressione per le famiglie lavoratrici e per l'ambiente. Uno sguardo alle conseguenze del NAFTA dimostra perché questi tipi di trattato di libero commercio devono essere rifiutati. Le famiglie lavoratrici soffrono: grazie al NAFTA quasi 400 mila posti di lavoro sono stati persi negli Stati Uniti ed i lavoratori guadagnano mediamente solo il 77% di quanto guadagnavano prima dell'entrata in vigore del trattato; in Messico, dall'inizio del NAFTA, circa 10 milioni di messicani guadagnano meno del salario minimo e 8 milioni di famiglie si sono spostate dalla classe media a quella bassa. L'ambiente soffre: nell'area delle maquillas, lungo il limite tra il Messico e gli Stati Uniti, l'inquinamento è aumentato e i rifiuti dei prodotti chimici hanno incrementato drammaticamente il tasso di epatiti e di malformazioni dei nascituri. L'esperienza del NAFTA dimostra come i diritti basilari dei lavoratori e delle loro famiglie siano erosi dai trattati di libero commercio che non proteggono i lavoratori. Le corporazioni multinazionali si spostano da zone dove il lavoro deve rispettare norme di regolazioni dei salari in paesi dove i salari sono più bassi e i diritti sindacali sono annullati con la minaccia di trasferire la produzione all'estero.". Non molto diverso è il parere del giornalista, esperto di questioni latino-americane, e storico (ha insegnato anche alla Bocconi...) Gennaro Carotenuto, che in un suo articolo (che nel sito originale risulta sparito...) spiega: "Dal primo gennaio sono entrati in vigore alcuni dei capitoli più conflittuali del Trattato di Libero Commercio del Nord America (TLCAN o NAFTA in inglese) e sono definitivamente liberalizzati prodotti fondamentali come il frijol, il mais, la canna da zucchero e il latte in polvere. E immediatamente numerose organizzazioni contadine si sono mobilitate, per chiedere la revisione del trattato. "E' il colpo di grazia ai contadini messicani" hanno gridato in migliaia bloccando completamente il Paseo de la Reforma, una delle principali strade di Città del Messico. Alla protesta si sono uniti deputati di tutti i partiti meno il PAN del presidente Felipe Calderón, che parlano di rinegoziazione di tutta la parte agricola del trattato che in questi anni dal primo gennaio 1994 ha favorito enormemente l'agricoltura assistita statunitense e danneggiato quella messicana pienamente liberalizzata. E' molto triste il bilancio del Messico come paese pioniere nell'accettare un accordo di libero commercio con gli Stati Uniti. Oramai il 90% del commercio estero del paese è con gli Stati Uniti e tutta l'economia del paese è controllata come mai prima nella storia dal vicino del Nord. Ma l'aspetto più grave è la vera pulizia etnica agraria che ha caratterizzando l'adozione del TLC e i piani neoliberali voluti dai governi messicani in sinergia con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Ogni anno dalle campagne messicane sono espulsi almeno 600.000 lavoratori (una cifra che nel 2008, con l'entrata in vigore degli ultimi capitoli si raddoppierà), quasi tutti uomini tra i 15 e i 45 anni. Il politologo John Saxe-Fernández - e non è il solo - individua un vero "disegno demografico", una precisa politica con il doppio obbiettivo di svuotare le campagne messicane, fonte di conflittualità sociale, e rifornire l'economia statunitense di milioni di lavoratori disponibili a lavori sottopagati utili a calmierare il mercato del lavoro di quel paese.".

Ma le conseguenze non si fermano qui. Vediamo cosa riferisce il giornalista e scrittore Maurizio Blondet: "In Canada, le autorità nazionali hanno revocato due brevetti di proprietà della Eli Lilly (la mega-farmaceutica statunitense) perché questa non aveva apportato prove sufficienti della effetti benefici che affermava i due farmaci avessero. Eli Lilly sta pretendendo dal governo canadese danni per 500 milioni di dollari, e pretende che le leggi canadesi sui brevetti sanitari siano cambiate. Ed avrà ragione, perché il Canada fa incautamente parte del NAFTA (accordo commerciale nordamericano di libero commercio, con Usa e Messico) che lo lega a questa normativa. Un responsabile del governo canadese, citato dal Guardian, ha detto a proposito del NAFTA: «Negli ultimi cinque anni ho visto piovere sulla mia scrivania lettere di studi di avvocati di New York e Washington, i quali intimano al governo canadese di non applicare nuove leggi o proposte di legge in materia ambientale. Dai prodotti chimici per lavaggio a secco ai farmaci, dai pesticidi alle leggi brevettuali, in pratica tutte le nuove iniziative politiche in questo campo sono state prese di mira e, per lo più, silurate». Il Canada è già stato perseguito dalla estrattiva americana Loine Pine, per aver introdotto una moratoria sul fracking: la società «danneggiata» pretende dal governo colpevole qualcosa come 250 milioni di dollari.".

Secondo un report dell'UNCTAD (qui in originale), un ente delle Nazioni Unite che è l'organo principale dell'Assemblea per gli aspetti legati al commercio ed allo sviluppo, con gli accordi per regolamentare le dispute fra Stati ed aziende, ovvero gli accordi come quelli previsti nel NAFTA o nel TTIP, gli investitori stranieri hanno intentato cause contro un largo ventaglio di misure governative, chiedendo la modifica di regolamenti interni riguardanti il gas, il nucleare, lo commercializzazione dell'oro e i cambi, le revoca di licenze ed autorizzazioni (nel settore minerario, delle telecomunicazioni e del turismo), il ritiro di sovvenzioni (per esempio nel settore dell'energia solare) e per espropri. Questo è l'incremento delle controversie sollevate contro gli Stati da multinazionali ed aziende:

Fonte: UNCTAD 2013
Il numero totale è dato dalla lunghezza complessiva della barra: la differenzazione riguarda solo le controversie presentate davanti all'ICSID (Centre for Settlement of Investment Disputes), segmento in rosso o davanti ad altri organismi di conciliazione, in grigio. Come si vede, man mano che gli accordi, bilaterali o multilaterali, prevedono questo tipo di risoluzione, l'incremento delle cause sale notevolmente. Vediamo il contenuto di qualcuna di queste, tratte sempre dall'articolo di Blondet,, tanto per farsi un'idea di quello che potrebbe accadere con il TTIP: 
"L'Argentina, durante la sua crisi finanziaria, ha congelato le bollette di acqua ed elettricità, che salivano alle stelle. Ma aveva privatizzato i settori (come raccomanda il FMI), che ora erano in mano alle multinazionali dei servizi acqua-luce-gas. Queste mega imprese hanno portato in giudizio Buenos Aires perché, appunto, aveva ridotto i loro profitti impedendo loro di rincarare le tariffe. Ebbene: l'Argentina è stata condannata a pagare un miliardi di dollari di indennità.
In Salvador, certe comunità locali sono riuscite a far rimangiare al governo la decisione di sfruttare un giacimento d'oro, con il motivo che l'industria estrattiva avrebbe inquinato le acque. Una dura lotta, che ha compreso anche l'assassinio di tre dei capi della rivolta. Ma ecco: la ditta mineraria canadese che aveva ottenuto la concessione ha trascinato in giudizio lo stato del Salvador, e pretende un risarcimento di 315 milioni di dollari - a titolo di «compensazione della perdita dei profitti futuri anticipati».
Il governo australiano, dopo dibattito parlamentare, ha obbligato i fabbricanti di sigarette a confezionare i pacchetti con colori anonimi e scritte dissuasive del tipo «Il fumo provoca cancro al polmone». Ma gli studi legali della Philip Morris, scoperto che l'Australia aveva firmato un accordo di libero scambio con Hong Kong, si sono appellati ad un tribunale «internazionale» (offshore, come i paradisi fiscali) esigendo un risarcimento miliardario per la perdita di quello che la Philip Morris chiama «la sua proprietà intellettuale», ossia il design dei suoi pacchetti di sigarette.
In Amazzonia, la Chevron (statunitense) ha imbastito una causa simile per non pagare 18 miliardi di dollari di danni per i danni ambientali che ha prodotto. Sta vincendo, perché nel nuovo «diritto internazionale» in fieri il capitale e il profitto hanno diritti assoluti e supremi sopra le leggi dei singoli Stati, e sopra la salute dei cittadini.".

In quest'ultima frase è riassunto il vero contenuto, la vera essenza e la reale ragione di questi accordi: con il TTIP, così come con il NAFTA o altri patti di libero scambio, le aziende ottengono il riconoscimento giuridico che il profitto è un diritto, e che tale diritto è pari se non superiore agli altri diritti dell'uomo, come la salute o la sicurezza, e, come ogni diritto, quando viene leso deve essere risarcito. La nascita di questo nuovo diritto, non previsto in alcuna Costituzione, è essenzialmente lo scopo della creazione di un mercato comune anche per il TTIP: le multinazionali, finora limitate dalle nostre regole severe sulla qualità dei prodotti, sulle modalità di fabbricazione o di sfruttamento delle risorse, fremono e spingono per un'approvazione rapida dell'accordo, che comprende naturalmente l'ISDS, per poter finalmente esportare legalmente, sementi OGM, carni trattate con antibiotici non terapeutici, preparazioni con ingredienti meno pregiati, senza che si possano più opporre regole sanitarie, di provenienza o lavorazione certificata o limiti ambientali e di sicurezza più restrittive di quelle in vigore negli USA. Per fare un esempio tipicamente italiano, il Parmigiano non sarà più indicato come DOCG poiché ciò discriminerebbe altre produzioni simili e tale denominazione non è riconosciuta dalla legislazione USA...

Naturalmente i sostenitori di tale accordo fanno leva sul consistente aumento del volume degli scambi che una tale standardizzazione (al ribasso) delle regole del commercio dovrebbe portare: secondo uno studio che si fregia del titolo di "indipendente", commissionato dall'Unione Europea, il beneficio sarebbe un guadagno di 119 miliardi di euro all'anno per l'Unione Europea, con una media di 545 euro in più per ogni famiglia di quattro persone (L'indicazione è suggestiva, ma ricorda quella dei polli di Trilussa...). Le esportazioni di imprese europee verso gli USA salirebbero del 28%, con benefici che non peserebbero sul resto del mondo.
Se ci fate caso questi vantaggi tanto sbandierati sono identici a quelli che altri studi "indipendenti" indicarono come conseguenza dell'UEM, ovvero della creazione dell'area di applicazione dell'euro, prima della sua realizzazione: addirittura si parlò in quel caso di un aumento fino al 300% del volume degli scambi, una volta che ci fossimo liberati delle diverse monete e di un conseguente consistente aumento del reddito pro-capite: la realtà è sotto gli occhi di tutti... Se vi volete divertire a leggere gli altri meriti che avrebbe il TTIP secondo uno studio dell'Istituto Aspen qui trovate l'articolo.

Fortunatamente a questo accordo si oppongono vari Enti, associazioni e qualche politico più avveduto: ad esempio un senatore francese centrista, tal Jean Arthuis ha stilato sette punti che ha chiamato "7 buone ragioni per opporsi al trattato transatlantico" e che ha pubblicato su Le Figaro (per chi mastica il francese qui l'articolo originale): le ragioni sono più o meno quelle dette, dall'arbitrato privato per le controversie fra Stati ed aziende, alla sparizione dei registri di certificazione qualitativa, dalla regolamentazione finanziaria che gli USA vogliono mantenere com'è (rifiutando evidentemente qualsiasi controllo o limitazione), all'abbassamento degli standard sanitari e di produzione (una traduzione del testo di questi punti lo ha fatto La Stampa in un suo articolo critico sul TTIP). Anche il Parlamento Europeo, pur dichiarando che l'accordo deve procedere come programmato ha manifestato qualche perplessità: in un discorso del 16 ottobre 2013 l'allora Presidente Martin Schulz ha dichiarato: "To be clear: the goal of the Free Trade Agreement can’t be that one side takes over the rules of the other side; nor can the goal be a race-to-the-bottom – we do not and will not end up with lower social, health or environmental protection standards.
This Agreement must mean safer consumer goods and improved public health. And the European Parliament will ensure that our citizens’ interests will be well protected and that there will be no unnecessary haste." ("Per essere chiari: l'obiettivo del Free Trade Agreement non può consistere nel fatto che una parte travolge le regole dell'altra; né può essere una corsa al ribasso - noi decisamente non ci ritroveremo con degli standard più bassi in materia di  tutela sociale, salute o protezione ambientale.
Questo Accordo deve significare prodotti più sicuri per il consumatore e un miglioramento della salute pubblica. Ed il Parlamento Europeo dovrà assicurare che gli interessi dei nostri cittadini saranno ben protetti e che non verrà fatta immotivatamente fretta" (alla conclusione dell'accordo)).

Voci nettamente contrarie sono state quelle di Jos Dings e Pieter de Pous, due membri del gruppo di esperti chiamato a studiare l'accordo con funzione consultiva (trovate la loro dichiarazione inviata al Financial Times tradotta sul sito di Voci dall'Estero qui) e quella di Lori M. Wallach, giornalista di Le Monde Diplomatique, che ha scritto un articolo dal titolo "Il trattato transatlantico, un tifone che minaccia gli europei", concentrandosi sui problemi di una giustizia privata ed opaca, come quella prevista dal TTIP, oltre che dei pericoli sanitari e finanziari dell'accordo. Da segnalare anche un articolo molto duro del Guardian "This transatlantic trade deal is a full-frontal assault on democracy", che trovate qui tradotto dal solito meritorio Voci dall'Estero.

In Italia invece, tranne un articolo di Giorgio Barba Navaretti, professore di Economia Politica laureato alla Bocconi, dall'eloquente titolo "Un accordo utile anche all'Italia" sul Sole 24 Ore e uno di Limes di uguale indirizzo "La Ttip tra Usa e Ue: un’opportunità per tutti", sulla stampa nazionale si è per lo più ignorato l'argomento; solo La Stampa (che riporta il contenuto dell'articolo de Le Figaro), e recentemente Il Fatto Quotidiano con un pezzo asettico che riporta blandamente le opinioni contrarie, hanno dato voce al dibattito in corso.

Adesso voi siete tra i pochi eletti in Italia che possono dire di essersi fatta un'idea precisa di cosa sia il TTIP e cosa comporti: fate sentire la vostra voce se non volete che il vostro futuro sia governato dalle multinazionali e se volete che Elysium ed il suo mondo rimangano solo un inquietante film...


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