venerdì 12 dicembre 2014

Il referendum che non c'è


Siamo in piena febbre referendaria.

Il Movimento 5 Stelle si è deciso e sta raccogliendo le firme per poter fare un referendum sull'uscita dall'euro, gli attivisti sono mobilitati e Grillo tuona contro gli scettici, come la Lega, ricordando che un referendum di indirizzo si può fare, perché si è già fatto nel 1989. quando fu chiesto al popolo italiano se avesse voluto che la Comunità Europea si trasformasse in un'Unione vera e propria, dotata di un Governo che rispondesse al Parlamento Europeo, dando quindi un mandato costituente a quest'ultimo.

Ha ragione Grillo? Purtroppo no.

Il referendum da lui citato fu introdotto con legge costituzionale 3 aprile 1989 n. 2 e constava di quattro articoli; all'art. 2 vi era il quesito vero e proprio, che riporto integralmente:

Art. 2.
1. Il quesito da sottoporre al referendum e' il seguente: "Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunita' europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunita'?".
Questa consultazione, del tutto anomala, dato che la nostra Costituzione non prevede la possibilità di indire un referendum di indirizzo, fu effettuata in via straordinaria e quindi non suscettibile di estensione analogica, perché in tutta Europa si stavano svolgendo consultazioni simili, al fine di capire se i popoli europei avessero voluto una vera e propria Costituzione europea. Poiché noi non avevamo uno strumento consultivo costituzionalmente previsto, come in Francia, Olanda ed Inghilterra, eccezionalmente fu introdotta con una deroga singola, la possibilità di interpellare i cittadini. Secondo molti giuristi, si trattò di un referendum ad oggetto impossibile a valenza meramente plebiscitaria, senza un vero potere di indirizzo, dato che si rivolgeva ad un organo non nazionale, come il Parlamento europeo.

Questa esperienza può essere ripetuta? La risposta è ancora no.

La fonte della legge in deroga del 1989, che ribadisco non ha introdotto nulla nel nostro ordinamento in via generale, era lo stesso Trattato di Roma, il quale prevedeva espressamente che l'eventuale previsione di un potere costituente fosse sottoposto a ratifica da parte di tutti gli Stati firmatari. Nei Paesi dove tale strumento era legislativamente previsto, tale ratifica sarebbe avvenuta con un referendum popolare, altrimenti sarebbe stato il Parlamento a ratificare, come in effetti è avvenuto in vari Paesi, come la Germania, la Spagna, L'Austria e la Grecia. Era quindi un trattato internazionale che fondava il diritto di procedere con uno strumento non ordinario, e fu in base a questa legittimazione ed al consenso unanime politico che la legge potè essere promulgata. In Italia il Trattato era già stato ratificato dal Parlamento a larghissima maggioranza (con esclusione di Rifondazione Comunista e della Lega che votarono contro) e quindi giuridicamente il consenso era già stato prestato, ma, per avere una legittimazione popolare, fu deciso di effettuare una consultazione dei cittadini, peraltro senza prima operare alcun tipo di informazione ed ancor meno di discussione del tema posto all'attenzione: il risultato fu un plebiscito emotivo a favore della delega costituzionale con l'88,1% di voti positivi.

Per potersi avere un nuovo referendum consultivo (che comunque non impegnerebbe in alcun modo il Governo) dovrebbe pertanto essere proposta una nuova legge costituzionale per una deroga ad hoc, questa volta senza legittimazione, neppure "morale" da parte di una fonte internazionale. A parte ciò, e le conseguenti resistenze giuridiche ad una legge siffatta, questa dovrebbe essere sottoposta al procedimento, previsto dall'art. 138 Cost, il quale prevede due distinte votazioni delle due Camere ripetute con un intervallo di almeno tre mesi fra l'una e l'altra, e la seconda con maggioranza qualificata; se nella seconda votazione non si raggiunge il voto favorevole dei 2/3 di ciascuna delle Camere, la legge può essere sottoposta a referendum confermativo, se richiesto da 1/5 dei membri di una Camera o 500.000 elettori o cinque Consigli regionali, e non è promulgata finché non raggiunge al referendum la maggioranza assoluta dei votanti.

Come si può notare, non è un procedimento né semplice, né breve e presuppone una volontà politica uniforme nel Parlamento. Esiste attualmente questa volontà in tema di uscita dall'euro? Evidentemente no, ciò significa che una proposta di legge costituzionale per introdurre una consultazione in deroga rischierebbe di fallire, non raggiungendo neppure la maggioranza assoluta necessaria per sottoporla a referendum.

Se comunque si ammettesse che tale procedimento possa andare a buon fine, poi ci sarebbe comunque la necessità di indire ed organizzare il referendum, con un quesito che possa passare il vaglio della Corte Costituzionale. Questione questa piuttosto delicata, in quanto qualsiasi quesito sottoponesse ai cittadini una decisione che influisse negativamente sulla partecipazione a trattati internazionali già ratificati, si scontrerebbe con il divieto di referendum abrogativo su tali temi previsto dall'art. 75 Cost.. Anche qui i tempi stimati sono nell'ordine di 1 o 2 anni.

Tirando le somme, l'idea suggestiva di sottoporre ad un referendum di indirizzo - che in effetti sarebbe solo un referendum consultivo, come lo era quello sulla Costituzione europea, - la questione della permanenza nell'area euro si scontra contro difficoltà ed impedimenti che la rendono di fatto inutilizzabile come strumento di pressione politica e, nelle more, sottoporrebbe l'Italia a tensioni economiche che sono facilmente intuibili.

Un referendum sull'euro ha quindi la stessa possibilità di un referendum sulla partecipazione alla NATO: temi suggestivi e corretti (se volete il mio parere, io uscirei dalla NATO...), ma totalmente irreali e buoni solo per illudere chi crede nella possibilità della "democrazia diretta" in un Paese grande e complesso come l'Italia, nel quale è costituzionalmente previsto che siano i politici delegati con il voto, attraverso gli organi designati, a compiere, bene o male, le scelte per noi.








5 commenti:

  1. Quindi?
    Sto collaborando con il m5s alla raccolta firme per il referendum, e queste cose, che io sappia, non le stiamo nascondendo (se c'è chi lo fa sta ingannando i cittadini, e sono d'accordo).
    Sappiamo benissimo che si può solo ottenere una legge costituzionale ad hoc per POI organizzare il referendum consultivo vero e proprio, sappiamo che sarà una cosa non breve, e sappiamo anche che, in mancanza di una maggioranza politica che faccia una exit strategy dall'Euro per vie più praticabili, E' L'UNICO MODO CHE LA COSTITUZIONE CI CONSENTE PER FARE QUALCOSA IN MATERIA. L'alternativa, nel quadro politico attuale, è stare zitti, oltre a non fare nulla. Ci vorrebbe una maggioranza di governo che uscisse unilateralmente dall' Euro, ma non c'è. Questa è la realtà. Che facciamo?
    Noi, in mancanza di altre vie, cerchiamo almeno di raccogliere la volontà dei cittadini, se le forze politiche negheranno anche la possibilità di fare un referendum CONSULTIVO, cioè una semplice espressione di parere dei cittadini, se ne assumeranno la responsabilità. Tu da che parte stai?
    Altra cosetta: utilizzare una campagna di questo tipo è utile per diffondere il dibattito e la corretta informazione su questo tema, dopo anni di terrorismo politico-mediatico e torpore (e io mi sto impegnando in prima persona, provando a diffondere, ad esempio, l'attività divulgativa di economisti come Bagnai e Borghi). Ti sembra poco? Ciao
    (Peppe Migliaccio)

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    1. Che le idee non siano molto chiare lo dimostra l'esponente 5 stelle intervenuta ieri ad "Otto e mezzo" che ha detto alla Gruber che la raccolta delle firme era per una proposta consultiva da portare in Parlamento...
      A parte ciò ci sono due controindicazioni: siete sicuri che il proporre di firmare un referendum con banchetti permetta una corretta informazione? Uno che si ferma ad un banchetto non è che è sempre disponibile ad ascoltare un ragionato discorso sul perché bisogna uscire e soprattutto le obiezioni motivate alla disinformazione televisiva e giornalistica con cui sicuramente si è nutrito fino alla sera prima.
      E se la proposta di legge che deroghi al dettato costituzionale, che ha bisogno di una maggioranza qualificata, non passa? E' la tomba di ogni tentativo. E se passa miracolosamente e vi permette di fare il referendum, poi che succede se non raggiunge il quorum o vincono i no (sempre per il discorso della disinformazione)? La questione è chiusa per sempre, anche se cambiasse il governo.
      Divulgare è giusto e sacrosanto (è quello che faccio io qui e dal vivo), ma proporre un referendum (che non vedrà probabilmente mai la luce) non è divulgazione e rischia di creare un'attesa dai tempi molto lunghi, in un certo senso "anestetizzando" il problema.

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  2. P.S.: "nelle more, sottoporrebbe l'Italia a tensioni economiche che sono facilmente intuibili.". La domanda, a questo punto, resta la stessa: visto e considerato che non abbiamo strumenti referendari alternativi né maggioranza parlamentare favorevole.....che facciamo? Grazie
    (Peppe Migliaccio)

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    1. Non ho la soluzione. Quello che posso dire è che va creata una "massa critica" di persone informate che possa rovesciare il frame comunicativo dominante e che costringa i partiti, nuovi od esistenti, a prendere atto del cambio di sentiment, di umore della popolazione ed a mettere in agenda la questione eurexit.
      Se non hai la gente dalla tua parte (e ce la devi portare a fatica), o fai una rivoluzione con procedimento non democratico, o soccombi.

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    2. Rispondo qui a entrambe le tue repliche.

      Caro Luigi, intanto grazie mille per la disponibilità, poi:
      per quanto riguarda la tua prima controindicazione: i gazebo servono a raccogliere le firme, la campagna informativa non deve necessariamente coincidere con quelli (il fatto stesso che esistano blog come il tuo ne è testimonianza). E infatti, se avessi voluto accontentarmi di un'informazione sbrigativa non mi sarei messo giorni e notti a stilare un documento da diffondere (per preparare in primo luogo gli attivisti) pieno di link ad articoli e video (con relative sintesi) tratti da Bagnai, Borghi, e qualcosa ho linkato anche da questo blog (mi sono permesso). Mi sarei accontentato dei volantini, non l'ho fatto perché sono consapevole di ciò che dici. Questa mia risposta si riferisce anche alla necessità di creazione di "massa critica", per la quale, come ti ho già spiegato, in questa campagna referendaria vedo un'opportunità (ho usato il termine "diffondere il dibattito" intendendo anche questo). Quanto al far prendere atto ai parititi di un "sentiment" diffuso, anche questo è uno scopo di questa campagna, e come ti ho già scritto, se i politici vorranno rimbalzare persino un "innocuo" consultivo (tua seconda controindicazione), a maggior ragione se ne assumeranno la responsabilità. Quest'ultima, Luigi, E' DI CHI OSTACOLA, NON DI CHI PROMUOVE quello che, come ho detto, a quanto pare è l'unico modo fattibile (per come è oggi la nostra Costituzione) per provare a smuovere le acque in sede politica, anche se comporta lungaggini, ostacoli, ostilità e rischi.
      Ciao e grazie di nuovo

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