lunedì 23 marzo 2015

Le pillole rosse - 8° pillola: la corruzione



Forse, insieme al debito pubblico, la corruzione è il tema più caldo da trattare. Quando si pronuncia la parola corruzione (con due erre arrotate ed una zeta che paiono tre) si evoca nel pensiero dell'ascoltatore un mostro mitologico che inghiotte risorse ed impoverisce il Paese, che sotto i suoi piedi ungulati costringe l'Italia a rimanere ferma nella corsa al progresso ed allo sviluppo. Un mostro nutrito da una classe politica incapace ed inefficiente che solo grazie ad esso può assurgere a posizioni rilevanti, a scapito di tanta gente capace ed onesta che meriterebbe e che viene calpestata e derisa (la citazione non è casuale...). Il vero problema della crisi italiana.

O no?

Capiamoci: la corruzione è un male e va combattuta e qualsiasi norma che la contrasti, qualsiasi azione volta a colpirla e debellarla è assolutamente utile e meritoria, ma chiunque la assurga a spiegazione della crisi od a giustificazione del vincolo esterno europeo, per definizione moralizzatore e benefico contro la piaga corruttiva, beh, o è vittima della martellante campagna mediatica di Matrix (per chi non sa cosa sia consiglio di cominciare dalla pillola n. 1), o ne è volontariamente complice.

Per valutare l'effettiva pericolosità di questo mostro occorre innanzitutto conoscerlo e capirlo, per cui vediamo cosa è la corruzione e da dove nasce.

La corruzione si può definire come quell'azione da parte di un soggetto tendente a modificare a suo favore l'iter normale di una decisione od il suo esito da parte di un organo amministrativo o politico. Il risultato è che un appalto, una fornitura o un servizio vengono affidati ad un soggetto piuttosto che ad un altro. La corruzione è un costo ulteriore per il corruttore (normalmente un impresa) e un guadagno extra per il corrotto (funzionario o politico). Dal punto di vista economico la corruzione non è un male in sé, in quanto determina solo uno spostamento di ricchezze fra due soggetti ed al limite una diversa allocazione di risorse pubbliche, che non è detto sia meno efficiente. Bisogna infatti distinguere le cause e le conseguenze della corruzione: se chi corrompe lo fa per sveltire un iter che comunque si dovrebbe compiere, la corruzione ha addirittura un effetto positivo sul sistema. Questo è ad esempio il caso di un Paese in via di sviluppo con procedure decisionali poco efficienti, le quali vengono sveltite dalla c.d. mazzetta, che permette il raggiungimento dello scopo (che si sarebbe raggiunto ugualmente, come una commessa di acquisto di beni esteri) in un tempo minore.

In generale comunque la corruzione ha un effetto distorsivo sulla spesa pubblica, perché può favorire un fornitore di beni o un appaltatore non ottimale, sia per la qualità oggettiva del prodotto offerto, sia per il rapporto qualità/prezzo dello stesso, con il risultato di avere un bene pubblico di minore qualità o comunque troppo costoso per il suo valore. Con i limiti alla spesa derivanti da vincolo esterno poi, ciò si traduce in minor possibilità di spesa per ulteriori beni o servizi. A ciò si aggiunga che, di solito, un bene di minor qualità ha una vita più breve o necessita più frequentemente di riparazioni e sostituzioni, con un aggravio della spesa ad esso relativa.

Sintetizzando le ragioni che causano la corruzione, essa si manifesta più facilmente quando:

- Vi sono regole di comportamento o procedure decisionali troppo complesse o farraginose.
- C'è un'alta discrezionalità del soggetto decisorio.
- I controlli sono assenti o ex post rispetto alla decisione.
- Gli stipendi dei funzionari addetti alla decisione od al controllo sono bassi.

Qui già è possibile fare un'osservazione che spiazzerà tutti i sostenitori dell'opera moralizzatrice dell'Unione Europea: molte di queste fonti di corruzione sono state incrementate dalla legislazione comunitaria.

La UE infatti ha decisamente complicato gli iter decisionali e la complessità della vita economica delle aziende, stabilendo minuziosi quanto pedanti requisiti per la produzione di beni o l'effettuazione di servizi ed opere; ha spostato i livelli decisionali decentrandoli, aumentando così il potere e la discrezionalità in ambito locale, molto più suscettibile di pressioni corruttive; ha infine spostato i momenti di controllo dell'attività amministrativa locale, ponendoli quasi tutti ex post (per un esauriente sintesi vedi questo post di Barra Caracciolo). L'austerità decisa a livello europeo e alimentata dai rigorosi vincoli di spesa, che dovevano essere moralizzatori, ha poi impoverito il settore pubblico, sia dal punto di vista economico, che dal punto di vista delle risorse umane disponibili, rendendo da una parte più corruttibili i funzionari, dall'altra meno efficienti i controlli, per la scarsità dei soggetti controllori rispetto al volume di attività, oltretutto a volte con la tagliola temporale del silenzio-assenso, che impone tempi di intervento incompatibili con la scarsità dei mezzi e del personale.

Una pubblica amministrazione propagandata come più snella e quindi più agile (come se fosse un corpo fisico che si muove meglio se pesa meno...) nei fatti si è trasformata in più vecchia (per il tasso di sostituzione minore degli impiegati, a causa del blocco dei turn-over), più povera (sono tre anni che vige il blocco dei salari), meno rapida ed efficiente (pochi addetti per alto volume), meno controllata e meno controllante l'attività privata e, complessivamente, meno motivata, quindi meno produttiva. Tutti questi sono ottimi terreni di coltura per il proliferare di attività corruttive o concussive.

Ma la corruzione che impatto ha sui fondamentali economici di un Paese? Esiste una correlazione fra corruzione e crescita del PIL, corruzione e debito pubblico, corruzione e crisi economica?

Per quanto riguarda la prima questione un interessante analisi empirica pubblicata dall'Università di Milano -Bicocca ci dice che, mentre per i Paesi in via di sviluppo la corruzione influisce sulla crescita del PIL con un moltiplicatore maggiore di 1, ovvero un aumento di 1 unità dell'indice di corruzione percepita (CPI) (aumento perché l'indice va da 10, zero corruzione, a 0, paese totalmente corrotto) corrisponde ad un tasso di crescita economica di 1,22% e dello 0,50% del PIL reale pro-capite, per i Paesi ad economia avanzata, come l'Italia, l'impatto, a parità di altri fattori, è molto meno rilevante, addirittura provoca un aumento solo dello 0,05% del tasso di crescita economica. Ciò quindi esclude una seria rilevanza ed una correlazione fra corruzione e crescita nei paesi ricchi. Qualcuno potrebbe storcere il naso per la poca autorevolezza dell'autrice dello studio (una semplice laureanda): questo lavoro però trova autorevole conferma in questo articolo su Foreign Policy dove vengono riportati i risultati di alcuni studi accademici che dimostrano la scarsa correlazione fra corruzione e crescita economica che risulta molto più legata alla qualità della classe politica, al grado di libertà delle istituzioni ed al livello dell'economia globale.

Una frase merita di essere riportata, perché è riferita alla situazione attuale in Sud Europa: "While anti-corruption measures are probably a net positive in the long run (not to mention an essential PR move in countries rightly seething with anger at their elites), they can also be something of a red herring; in European countries decimated by austerity, teetering banks, and the loss of independent monetary policy, corruption is a secondary issue." (grassetto mio).

Neanche il debito pubblico sembra correlato con la corruzione: un'analisi empirica rigorosa compiuta dall'economista Alberto Bagnai e pubblicata nel suo blog, dimostra che non vi è rapporto di causa - effetto fra CPI e livello di debito pubblico. L'analisi di Bagnai è confermata da questa elaborazione grafica tratta dal blog di Wendell Gee su dati FMI




I puntini, rappresentanti i singoli Stati, sono dispersi e non offrono alcuna correlazione fra livello di debito e tasso di corruzione (che qui va da 0 (nessuna corruzione) a 100 (massima corruzione)).

Per il rapporto fra crisi e corruzione, basta dare un occhiata a questi grafici, che a qualche lettore saranno ben noti:


Fonte dati: ISTAT





Fonte: goofynomics


Ora i casi sono due: o il livello di corruzione in Italia è aumentato vertiginosamente a fine anni '90, peggiorando il nostro saldo estero, deprimendo la produzione industriale e portandoci al declino rispetto ai nostri vicini, o la crisi italiana non dipende dalla corruzione, che c'era ben prima (e basta rileggere la storia degli anni '80 - '90 per rinfrescarsi la memoria...).

Questo è lo storico dei livelli di corruzione negli anni dal 1995 al 2004:


Nel periodo in cui comincia a calare la produzione, il conto economico peggiora ed aumenta lo scarto reddituale fra Italia e resto dell'UE, l'indice CPI di corruzione sale (quindi la corruzione percepita scende) da 3.4 a 5.3 per arrivare ad un massimo di 5.5 nel 2001, quando gli indicatori economici cominciano a collassare. La minor corruzione non sembra quindi portare ad una maggiore crescita, anzi paradossalmente sembra accada il contrario: evidentemente non vi è relazione fra i due fenomeni e il declino prima e la crisi poi sono causati da altro.

Il fatto è che sicuramente la corruzione è una distorsione che impedisce l'allocazione ottimale delle risorse pubbliche, ma crea comunque una ricchezza in capo a soggetti che viene in effetti spesa o, come accade negli ultimi tempi, la corruzione è essa stessa direttamente spesa per beni o servizi che il corrotto non potrebbe permettersi, per cui non può essere considerata la causa della crisi, che come abbiamo più volte detto è una crisi di redditi e quindi di domanda di beni e servizi e conseguentemente di investimenti, come si può vedere:



Pare vero invece il contrario, ossia che la crisi abbia peggiorato il livello di corruzione dell'Italia, poiché il funzionario pubblico, con i tagli di stipendio o comunque il mancato adeguamento dello stesso all'inflazione, tende più facilmente a cercare di mantenere il proprio livello di vita e consumi attraverso entrate extra, derivanti appunto da corruzione, una corruzione spicciola che spesso prende la forma opposta di concussione: la richiesta di denaro del soggetto pubblico per compiere il suo dovere. Se vediamo i dati di CPI storici dell'Italia abbiamo la conferma di questa situazione:



Come si nota fino al 2008 il CPI rimane costante oscillando fra 5.3 a 4.8, a seconda delle rilevazioni. Dopo il 2008 l'indice CPI scende, quindi aumenta il tasso di corruzione percepita, andando fino al 3.9 del 2011.

Un ultima considerazione: a vedere il primo grafico comparativo l'Italia sembrerebbe storicamente porsi in una via di mezzo fra l'onestà dei Paesi industrializzati, che viaggiano su una media fra il 7.6 e il 7.9 e quella dei Paesi in via di sviluppo, che si attestano fra il 3.8 e il 4.2. Il peggioramento degli ultimi anni poi ci porrebbe decisamente al livello delle democrazie meno sviluppate ed i risultati del 2014, che hanno trovato profondo eco sui mezzi di informazione, ci darebbero come i più corrotti in Europa, per la gioia degli auto-razzisti di cui la nostra nazione pullula. Questo ci dice l'indice di corruzione percepita che prende in considerazione le impressioni di un panel di imprenditori e manager. Ma se si va a vedere un'altro tipo di sondaggio che prende in considerazione una domanda diretta, allora si hanno delle sorprese:

Fonte: Global Corruption Barometer


La percentuale degli episodi di corruzione/concussione diretta e non percepita pone l'Italia incredibilmente al pari dell'Inghilterra e in posizione migliore addirittura della Svizzera, anni luce distante dalla Grecia, che invece secondo il PCI avremmo superato. Ora, questo non significa che la situazione sia effettivamente così rosea, vi possono essere molti fattori che vanno presi in considerazione, come l'importo complessivo delle tangenti o la reticenza ad ammetterle, anche in via anonima, ma significa comunque che gli indici di corruzione sono da prendere con molta cautela, trattandosi a volte di meri convincimenti, magari alimentate dalla stampa, o a volte di semplice sentito dire. Quello che è sicuro è che ad oggi non vi è un metodo preciso e sicuro per conoscere l'entità del fenomeno corruttivo in un Paese, né un organismo realmente indipendente e trasparente che ne possa dar conto.

Se pensate quindi che il problema dell'attuale declino si risolva con la lotta alla corruzione, giusta e sacrosanta ma non primaria, fate solo il gioco di chi vuole sviarvi dai veri problemi: se non li conoscete basta leggersi questo per cominciare a farsi un idea e magari questo per capire perché c'è tanta gente che si frega le mani e vi incoraggia quando gridate come Giannini "Stato ladrooo"...


sabato 21 marzo 2015

Draghi: "La BCE non fa politica". Memoria corta, ma glie la rinfreschiamo

Oggi Draghi ha ribadito da Cipro "la BCE non fa politica". Ci dobbiamo credere? Vediamo un po' di storia recente.


Come ricorderete, lo spread fra i nostri BPT ed i Bund a metà 2011 cominciò a decollare, superando quello fra Bonos e Bund, ovvero fra i titoli di stato spagnoli, storicamente più deboli dei nostri, ed i titoli tedeschi. Ma con una anomalia. Lo spread decollò troppo, come si vede qui:


Non c'era infatti nessuna ragione macroeconomica per cui i nostri titoli dovessero salire così bruscamente fra luglio e novembre 2011 e la speculazione internazionale ancora non aveva ancora deciso se scommettere contro la tenuta dell'euro od attendere, lucrando i rendimenti dei titoli sovrani degli Stati periferici. Ed allora cosa era successo? Era successo che la Germania, tramite le sue banche, principalmente la Deutsche Bank, aveva iniziato una massiccia vendita al ribasso dei BTP: nei primi sei mesi del 2011 il suo portafoglio passò da 8,01 miliardi a 997 milioni in titoli italiani, con una riduzione del 88%! Naturalmente di fronte a questa massiccia vendita, oltretutto e stranamente, estremamente propagandata dai mezzi di informazione con dovizia di particolari, il mercato reagì: i grandi fondi edge e le banche d'affari cominciarono a vendere allo scoperto titoli italiani, sia nei mercati futures, sia in quelli cash, confidando che la BCE non sarebbe intervenuta per sostenerne il corso, stante i limiti di mandato del suo operare. I futures sui BPT crollarono, passando da un valore di 110 ad 87,5, mentre quelli sui Bund passarono da 125 a 139, aiutando anche a tenere bassi gli interessi sui titoli tedeschi. Gli interessi del debito sovrano italiano invece crebbero, facendo divenire pressoché insostenibile a lungo termine il suo finanziamento e facendo temere a breve un default, che nei fatti non c'era, ma che una campagna di informazione martellante e le dichiarazioni quotidiane dei politici avversi fecero credere imminente. Il risultato fu il crollo del Governo Berlusconi, che peraltro già non godeva più di una solida maggioranza e l'insediamento "forzato" di Monti. Perché dico che non c'era pericolo imminente? Perché lo avevano appena detto uno studio della Commissione Europea, la Fondazione Stiftung Marktwirtschaft e la Neue Zürcher Zeitung! Riporto il grafico conclusivo di quest'ultima, che appare il più chiaro visivamente:


La sostenibilità a breve, immediata, è la barra blu, mentre quella a lungo termine è la barra celeste: i Paesi che hanno un debito sostenibile sono quelli che hanno l'andamento della barra negativo (verso sinistra) gli altri sono quelli più o meno insostenibili: quanti ne vedete sostenibili? Solo uno, l'Italia. Nel 2011 l'Italia era quindi perfettamente in grado di resistere e di far fronte ai propri impegni di spesa: altro che mancare i soldi per gli stipendi, come continua a dire qualcuno...

Su questo attacco si è già parlato molto, grazie alle rivelazioni del giornalista Alain Friedman, per sostenere o negare che l'azione fu orchestrata dalla Germania, proprio per eliminare Berlusconi che rischiava di far saltare il sistema euro: il famoso colloquio avuto da Napolitano con Monti a giugno 2011, in piena bufera speculativa, ha riempito le prime pagine dei giornali, così come si è molto disquisito della reale o meno volontà di Berlusconi di rovesciare il tavolo, minacciando l'uscita dall'eurozona. Ora però si è aggiunto un tassello piuttosto significativo ed inquietante: secondo un libro uscito l'anno scorso in America e scritto dall'ex Ministro del Tesoro americano Tim Geithner, alcuni funzionari europei lo avvicinarono nell'autunno del 2011 per proporgli un piano per abbattere Berlusconi, attraverso il diniego di sostegno all'Italia da parte del FMI, finché non se ne fosse andato. Questo darebbe credito alla tesi del "complotto" politico-finanziario ed ancora più grave avvalorerebbe l'ipotesi di un "golpe" nei confronti degli italiani, privati di fatto della loro sovranità, con la nomina, fuori da ogni processo democratico, di Monti a Presidente del Consiglio.

Che i mercati, o meglio le banche tedesche sui mercati, che qualcuno considera neutrali e rispondenti solo a logiche economiche, si erano comportati in maniera anomala lo aveva notato anche qualcun'altro: Prodi, che all'epoca era ormai osservatore esterno, dichiarò il suo stupore per l'azione della Germania, da lui considerata "suicida". Queste le sue parole in un'intervista al Corriere della Sera del 28 luglio 2011(qui il testo integrale): “La scelta di DeutscheBank? Un suicidio”. “E' la dimostrazione di una mancanza di solidarietà che porta al suicidio anche per la Germania. Significa la fine di ogni legame di solidarietà e significa obbligare tutti a giocare in difesa. E quando questo viene dalla Germania, un Paese che ha avuto più saggezza nel capire gli altri fino a qualche anno fa, sono assolutamente turbato”.

Dopo l'insediamento di Mario Monti come capo dell'Esecutivo, con il plauso e la benedizione della Merkel, lo spread cominciò a ridiscendere, ma durò poco: questa volta a giocare a sfavore era l'instabilità della Grecia ed il pericolo concreto della sua uscita dall'euro con il conseguente rischio da parte degli investitori (soprattutto tedeschi) di vedersi restituiti i prestiti in moneta svalutata e magari con un deciso haircut del credito. Ma qui intervenne l'altro Mario, quello che durante l'attacco del 2011 era stato silente a guardare la speculazione fare a pezzi l'Italia, Mario Draghi. Al culmine dell'instabilità e mentre gli edge fund e le banche pregustavano un'altra scorpacciata, nel luglio del 2012, il Presidente della BCE fece la sua famosa dichiarazione, riassunta nella frase "whatever it takes", in cui lanciava il programma OMT, Outright Monetary Transaction, un programma di acquisto condizionato dei titoli di stato dei Paesi dell'eurozona per difendere gli Stati in difficoltà dall'innalzamento dei tassi di interesse. Bastò la semplice dichiarazione di intervento a sconfiggere le spinte speculative ed a far abbassare gli spread, come il grafico sopra postato dimostra. Ora, è legittimo chiedersi come mai Draghi abbia trovato l'escamotage per impegnare la BCE ad un intervento senza violare lo statuto per salvare l'euro nel 2012, mentre non abbia avuto la stessa brillantezza per salvare l'Italia nel 2011: l'unica cosa che si può segnalare per comprenderne i motivi è il fatto che, grazie alla crisi del 2011, ci fu un cambio di guida in Italia, ma anche in Grecia, ed in tutti e due i casi furono sostituiti Presidenti del Consiglio riottosi ad eseguire le direttive della Commissione Europea e che avevano accarezzato l'idea di uscire dall'euro (Papandreu stava per indire un referendum, Berlusconi ne aveva parlato con i partner europei, secondo Bini Smaghi) con soggetti, provenienti dal mondo finanziario (Monti, Papademos), del tutto in linea con le direttive economiche.

Vi pare che questo comportamento di Draghi, che non muove un dito per salvare la sola Italia da una speculazione tendente a rovesciare un governo riottoso (Berlusconi), ma dichiara di "fare tutto ciò che è necessario" per salvare la Grecia e tutti i Paesi periferici (e quindi l'euro) quando al potere ci sono governi (Monti, Papademos) perfettamente allineati, non sia stato un agire politico?

Decisamente il capo della BCE ha la memoria corta

mercoledì 4 marzo 2015

Armi di distrazione di massa: il caso Slovenia



Oggi mi è capitato di leggere questo articolo del Corriere della Sera: "La Slovenia approva i matrimoni gay. Sì anche alle adozioni".

Ora, non so come la pensiate, ma generalmente io sono per la libera determinazione individuale della persona, purché non vada a scapito di terzi incolpevoli, per cui, di massima, una legge che aumenta e parifica i diritti delle coppie omosessuali senza ledere nessuno mi trova favorevole (sulle adozioni, poiché è in ballo il diritto del bambino a crescere in modo sano ed equilibrato, il discorso si fa più delicato). Poi però mi è venuto in mente questo pensiero: ma la Slovenia non è uno di quei Paesi entrato nell'euro tra gli ultimi ed al quale la moneta unica, stranamente (...), non ha portato tanto giovamento, anzi ha peggiorato e di molto la situazione di quella che veniva considerata "modello di virtuosismo finanziario e di buon governo, di capitalismo mitigato da un welfare alla scandinava", come ricordava l'Espresso? Allora sono andato a controllare e, sì, la Slovenia è entrata nel gennaio 2007, nel 2009 ha subito pesantemente la crisi (-7,9% PIL), poi ha avuto due anni di debole crescita (1,3% nel 2010 e 0,7% nel 2011) e poi è ripiombata nella crisi (-2,5% nel 2012 e -1,1% nel 2013), fino a tornare ad una lieve crescita nel 2014 (0,5%) trainata da esportazioni ed investimenti esteri. Il debito pubblico è passato dal 22% del 2008 al 80,9% del 2014. La disoccupazione è attualmente al 13,6%. (dati qui e qui) Naturalmente il governo in carica ha seguito tutte le ricette di austerità, tagli, privatizzazioni e inasprimento fiscale chieste da Bruxelles, per arrivare a questi mirabili risultati...

No decisamente non è un Paese che sta bene.

Però sono cinque anni che in Slovenia si discute di diritti successori e civili degli omosessuali e trasgenders. Ecco una breve cronistoria: nel dicembre 2009 il governo di centro sinistra presentò un nuovo progetto di Codice di famiglia, che prevedeva la piena parificazione delle unioni omosessuali agli altri tipi di famiglia, il matrimonio gay e le adozioni da parte di coppie omosessuali, e lo presentò in discussione presso l'Assemblea nazionale slovena. Il disegno di legge fu bloccato nell'Assemblea nazionale per un certo tempo, poi una versione di compromesso del Codice fu approvata nel giugno 2011, versione che concedeva alle coppie registrate dello stesso sesso tutti i diritti del matrimonio, tra cui l'adozione. Questa legge tuttavia fu abrogata in un referendum nazionale il 2012: il 55,22% dei votanti disse no al Codice approvato. Nel 2014 è stata ripresentata una legge che permette i matrimoni e l'adozione e l'attuale maggioranza di sinistra l'ha in questi giorni approvata, ma già si stanno raccogliendo le firme per un altro referendum abrogativo.

Questa è la mappa dei diritti civili dei gay/trasgenders in Europa: gli Stati in verde sono i più avanzati come legislazione, quelli in rosso i più retrivi



Una considerazione sorge spontanea, anche valutando il fatto che, ad esempio, Spagna e Portogallo sono gli Stati che nell'Europa del Sud hanno le maggiori tutele e riconoscimenti nel campo dei diritti personali e nella tutela delle diversità: non è che si stanno concedendo le tutele private in cambio dell'azzeramento dei diritti sociali? Le battaglie (sacrosante) per la parità di genere e sesso sono diventati un'arma di distrazione dell'opinione pubblica per nascondere lo svuotamento dei diritti dei lavoratori, la compressione dei salari, la perdita della sovranità economica? Io credo di sì.

Luciano Barra Caracciolo ha coniato per questi ed altri diritti privati l'efficace termine di "diritti cosmetici" per indicare proprio il loro essere un "abbellimento" di una società privata del diritto ad una esistenza economicamente dignitosa, che però può vantare la formale non discriminazione delle persone per genere, sesso o provenienza, una società dove il lavoratore è tornato alla mercé del datore di lavoro, grazie al Jobs Act in Italia e alle tante "riforme strutturali" attuate nel resto d'Europa, ma abbiamo la formale piena parità fra padre e madre, anzi Genitore 1 e Genitore 2, per non essere tacciati di omofobia.

La Slovenia adesso potrà avere sposi e genitori dello stesso sesso: auguri! E auguri soprattutto quando cercheranno un lavoro economicamente dignitoso per mantenere la nuova e democraticamente parificata famiglia. Tanto per capirci, questo era il livello degli stipendi in Slovenia (e sono scesi del 1,9% nel 2013).

Fonte: Eurostat

Sarò io malfidato...






martedì 3 marzo 2015

L'austerità e l'estremismo: il sonno della ragione (degli economisti) genera mostri



La  visione macroeconomica classica, attualmente dominante, ha fallito.

Come spiega lucidamente Frances Coppola in un suo recente post i modelli lineari con cui i maggiori macroeconomisti, a cominciare da Blanchard del FMI, hanno cercato di spiegare e quindi guidare i processi economici durante la crisi si sono rivelati inadatti ed errati. Lo stesso Blanchard ha dovuto ammettere nel WEO 2012 che il moltiplicatore della spesa pubblica non era il misero 0,5% da lui indicato, con la conseguenza che la spesa sarebbe stata maggiore del beneficio dato dalla crescita del PIL, ma doveva situarsi in una forbice fra lo 0,9% e l'1,7% e quindi la spesa pubblica avrebbe creato più reddito di quanto speso.

In America il Congressional Budget Office in un suo rapporto del 2014 ha evidenziato che i modelli adottati si basano su ipotesi teoriche altamente improbabili come l’assenza di disoccupazione involontaria, che assume che gli individui possano scegliere quante ore lavorare al salario determinato dal mercato, o come il presupposto che gli agenti economici siano pienamente razionali e lungimiranti. Secondo i modelli dell’equilibrio economico generale, inoltre, le politiche espansive spingono gli individui a ridurre i consumi, perché prevedono di pagare in futuro per ogni aumento di spesa pubblica o minori tasse del presente (equivalenza ricardiana) e tendono anche a spiazzare una notevole quantità di altre attività economiche (effetto spiazzamento), ma l’evidenza empirica non mostra prove sufficienti a sostegno di queste tesi (così Hemming R., Kell M., Mahfouz S., The Effectiveness of Fiscal Policy in Stimulating Economic Activity: A Review of the Literature, Working Paper no. 02/208, International Monetary Fund, Washington DC, 2002  tratto da http://www.economiaepolitica.it/tag/krugman/#sthash.7bXLfZ0m.dpuf).

La difesa di Blanchard, secondo il quale si tratta di "dark corners" nei quali la teoria ed i modelli non funzionano bene, ma che delle corrette policies economiche possono evitare (scaricando quindi la colpa su chi fa politica economica, che andrebbe a cacciarsi in questi "angoli oscuri") è stata demolita da Coppola con una frase che merita di essere riportata: "the desperate cry of an aging economist who discovers that the foundations upon which he has built his career are made of sand." (il grido disperato di un anziano economista che scopre che le fondamenta sulla quali ha costruito la sua carriera sono fatte di sabbia). Applausi.

Ciò porta a considerare errate tutte le conseguenze ad essa collegate, prima di tutto il mantra dell'austerità e della stabilità. L'austerità trova ormai pochi sostenitori, soprattutto in Germania: come ha dimostrato Krugman in un recente articolo sul suo blog, la Grecia, dopo anni di cura di austerità per uscire dalla crisi è arrivata ad crollo del reddito pro-capite persino superiore a quello della Germania dopo la 1° Guerra Mondiale. Ecco il grafico relativo:

Fonte: Krugman
Gli altri Paesi che hanno, pur in maniera minore, sperimentato la c.d. austerità espansiva, come la Spagna od il Portogallo, hanno avuto i seguenti risultati:



Da notare che per ottenere queste performance la Spagna è arrivata ad avere una disoccupazione intorno al 27%, Il Portogallo al 17,5% e l'Italia sta viaggiando sul 13% ed i redditi reali sono calati con questa dinamica


Questi dati incontestabili sono ormai, salvo rari casi, pienamente riconosciuti come causati dalle manovre di austerità ed ormai tutti i governi europei, eccetto la Germania, considerano finita la stagione del rigore e dei sacrifici ed invocano manovre di crescita. Se non che queste si scontrano con l'altro mantra neoclassico, ovvero la stabilità, che si traduce con pareggio di bilancio e controllo dell'inflazione.

Anche qui il fallimento è stato totale: per paura dell'inflazione siamo arrivati ad una deflazione che sta minando la sostenibilità dei debiti pubblici, che ha distrutto quello che rimaneva di una domanda interna ed intra-europea già al collasso e che sta minando il tessuto economico che ancora resiste alla crisi. Per tenere i conti in ordine si impedisce allo Stato di spendere per creare, via investimenti, quel lavoro che potrebbe far ripartire l'economia e si stanno man mano eliminando o peggiorando quei servizi fondamentali che sono l'espressione della tutela dei diritti costituzionalmente garantiti, come quello alla salute, all'assistenza sociale o all'istruzione.

Nonostante ciò, nessun economista ortodosso e nessun ministro dell'Economia mette in dubbio la necessità del consolidamento fiscale attraverso tagli alla spesa e, quando non basta, inasprimento delle tasse, magari indirette, che colpiscono cittadini, già sfiniti e provati dal crollo dei propri redditi. Questo "sonno della ragione" - che nasce dall'ottusa applicazione di ricette economiche che non hanno mai funzionato, ma che fanno suggestivamente presa sulla gente, specie se veicolate da slogan come "lo Stato deve tenere i conti in ordine come una famiglia" o "lo Stato deve agire come una sana impresa", magari condite da considerazioni su "Stato ladro", "Stato sprecone" e "Stato corrotto" - è molto pericoloso, perché permette l'affermarsi ed il consolidarsi di forze e partiti dichiaratamente estremisti ed antidemocratici i quali, in nome della liberazione dai vincoli assurdi imposti dall'Europa e nel nome di un giusto ritorno alla sovranità nazionale, fanno incetta di consensi, anche tra le persone più moderate.

Tutto questo è stato già visto. Ecco uno stralcio di "Una storia di austerità" dal blog www.laprivatarepubblica.com (grassetto mio):

"Il programma di austerità più catastrofico della Storia è sicuramente quello della Repubblica di Weimar, portato avanti nel pieno della Grande Depressione (tra il 1930 e il 1932) dal “cancelliere della fame” Heinrich Brüning. Dopo aver appreso i fondamenti dell’austerity durante il dottorato alla London School of Economics, il cancelliere era fortemente supportato nel suo piano dai big dell’industria tedesca. Ma dopo due anni di austerità la situazione era degenerata: Brüning sospese di fatto la democrazia parlamentare e governò a colpi di decreti emergenziali; la disoccupazione raddoppiò dal 15% del 1930 al 30% del 1932; la miseria dilagò; le proteste si fecero sempre più violente; e le milizie paramilitari e i nazisti acquisirono un potere sconfinato. Brüning fu infine costretto a dimettersi, e nel 1933 salì al potere un certo Adolf Hitler.". Governare sospendendo di fatto la democrazia parlamentare a colpi di decreti legge... Non vi ricorda qualcuno?

Ancora un altro esempio:

"Un altro interessante caso di studio sull'efficacia dei programmi di austerità è la Lituania dei primi anni ’90. L’URSS era appena collassata e la piccola repubblica sovietica cercava di sganciarsi definitivamente dall’orbita del Cremlino, anche e soprattutto sul versante economico. Per fare ciò, il governo lituano si rivolse all’economista Larry Summers (ex Segretario del Tesoro sotto Clinton ed ex presidente del National Economic Council sotto Obama), che prescrisse la solita medicina dell’austerità per la transizione dall’economia pianificata al libero mercato. I risultati? Disoccupazione alle stelle, corruzione galoppante, una popolazione che addirittura rimette al potere i comunisti (nel 1992, appena due anni dopo la dichiarazione di indipendenza dalla Russia) ed il più alto tasso di suicidi del mondo. Nel 1990, infatti, in Lituania il tasso era fermo a 26.1 persone su 100.000; dopo appena cinque anni era schizzato a 45.6 su 100.000". Corruzione come effetto dell'austerità: ne parleremo.

Per finire ecco un grafico che dovrebbe far meditare: il rapporto fra disordini sociali ed austerity

Fonte: www.laprivatarepubblica.com. tratto da Ponticelli, Voth, “Austerity and Anarchy: Budget Cuts and Social Unrest in Europe, 1919-2010″
Stanno scherzando con il fuoco nella loro ottusa difesa di teorie errate e rovinose ed i mostri sono dietro l'angolo: ancora non sono apparsi (ma in Grecia, la più colpita, Alba Dorata è diventato il terzo partito...), ma se ne sente il passo. D'oca.

Poi non dite che non vi avevo avvertito.